PESCARA La parabola discendente non si arresta, e se gli anni passati sono stati neri per l'occupazione, il 2013 ha solo marcato ulteriormente il segno meno. I rappresentanti provinciali di Cgil, Cisl e Uil, Emilia Di Nicola, Umberto Coccia e Luca Piersante tracciano il bilancio di questi dodici mesi evidenziando alcuni dati da brivido, e cioè i circa duemila posti di lavoro persi in provincia e i quattro milioni di ore di cassaintegrazione guadagni autorizzati dall'Inps nel Pescarese tra gennaio e novembre. «Ogni settore, nessuno escluso, è stato attraversato dalla crisi e non si vedono prospettive a breve termine», dice Di Nicola passando in rassegna con gli altri segretari il lungo elenco delle vertenze di cui si sono occupati, a partire dai cementifici di Scafa e Pescara, il sito di Bussi della Solvay da rilanciare dopo la bonifica, e poi la Brioni, che ha dichiarato 60 esuberi, il centro meccanografico delle Poste, e ancora Soget, banche (su tutti il caso della Caripe Tercas), Inco di Montesilvano, dove si parla di dismissione, e poi c’è il mercato ortofrutticolo di Villanova. Le difficoltà non risparmiano il metalmeccanico, che ha fatto registrare mobilità, cassaintegrazione, chiusure, così come il terziario è stato segnato da ristrutturazioni, stop di attività e cambi di appalti nel settore delle pulizie, per non parlare del commercio, piegato dal calo dei consumi che ha portato molte piccole attività alla chiusura, costringendo le più grandi alla ristrutturazione o alla riorganizzazione, con enormi problemi sull’occupazione. Non si salvano neppure il settore della scuola, con gli ex Lsu, il trasporto locale e il sociale, quest’ultimo fiaccato dai continui tagli di risorse mentre sul fronte degli appalti pubblici i lavoratori appaiono sempre appesi a un filo, per via della spending review. Uno degli ultimi allarmi riguarda i dipendenti dell'Aca, per la richiesta del concordato preventivo. «Tutto ciò», aggiunge Di Nicola, «determina un pesante arretramento del livello sociale e l'abbattimento dei diritti viene giustificato, spesso impropriamente, dalla crisi. Il nuovo anno dovrà vederci impegnati affinché il lavoro sia al centro della politica, per invertire la rotta del declino e assicurare a tutti un futuro dignitoso, a partire dai giovani». Disegnando la mappa della crisi, Piersante parla anche di quelle aziende che rappresentano «le eccellenze e fanno sperare nel superamento del momento difficile»: la Novares di Manoppello, la Fater, la Fontecal di Villanova, la Oma, la Imte di Rosciano, la ex Merker, la Ccs di Città Sant’Angelo. «Alcune di queste hanno avuto delle difficoltà, ma reggono, investono e talvolta assumono, quindi cerchiamo di essere ottimisti». Coccia pensa a come uscirne e chiede alle istituzioni «nuove politiche industriali, il blocco dei tagli sul sociale e il potenziamento della sanità sia sul fronte della medicina territoriale che degli ospedali, se si vogliono assicurare i livelli essenziali di assistenza. Così si può pensare a una nuova occupazione e crescita del Pil. Nella sanità non si può puntare solo a ripianare i bilanci. Urgono riforme, rimaste nel cassetto, per Ato, società di gestione dell'acqua, trasporti, servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Ci sono scelte politiche importanti da affrontare», conclude Coccia, «per rilanciare sviluppo e lavoro e si deve rendere più attrattivo il territorio, puntando su banda larga, infrastrutture, costo dell’energia. Non si può continuare a pensare che bastino il turismo due mesi ogni anno e l’enogastronomia».