PESCARA Una bottiglia di champagne da 130 euro forse pagata con la carta della Regione, raccomandazioni, tangenti e tante intercettazioni su cui si gioca ora la carta dell'attendibilità. Gli ingredienti dello scandalo ci sono tutti e non ci vuole molto perché arrivi anche quello sessuale. Scoppia così tra conferme e smentite, video compromettenti e telefonate criptate, «Il Vate», l'inchiesta che il 12 novembre ha fatto scattare le manette ai polsi dell'ex assessore regionale alla Cultura Luigi De Fanis finito ai domiciliari, per un macabro scherzo del destino, lo stesso giorno in cui, sei anni fa, suo figlio Orazio moriva tragicamente in un incidente stradale. Con lui sul registro degli indagati del pool di magistrati guidato dal Procuratore Capo Federico De Siervo e coordinato dal pm Giuseppe Bellelli finiscono altre tre persone: la sua segretaria «particolare», verrebbe da dire, per quel presunto secondo contratto fatto di prestazioni sessuali Lucia Zingariello, della responsabile dell'Agenzia per la promozione culturale della Regione Rosa Giammarco e del rappresentate legale dell'associazione culutrale Abruzzo Antico Ermanno Falone che, secono l'accusa, avrebbe fatto «da filtro» per «gonfiare» le fatture relative ai contributi regionali elargiti come accaduto, ad esempio, con quelle sei camere d'albergo che sarebbero state pagate dall'associazione alla segretaria e i suoi amici a suon di spese pubbliche in uno dei tanti eventi finanziati. Il quadro accusatorio è chiaro ed è un quadro che dipinge un uomo, De Fanis, dedico all'illiceità con la complicità di coloro che, con lui, devono ora rispondere di concussione, peculato e truffa ai danni dello Stato. Un meccanismo concussivo in cui il «dominus» era proprio De Fanis che, agendo secondo l'accusa in violazione della legge regionale 43/73 in merito all'erogazione dei contributi per le manifestazioni culturali, favoriva imprenditori compiacenti che, in cambio, gli restituivano in forma di tangente una parte del denaro. Certo è, per la Procura, che tra questi c'erano «il carrozziere», la «croce rossa» e «il cretino» di cui De Fanis con la Zingariello parla in una delle tante intercettazioni. Se dei primi due non si conosce ancora l'identità sarà proprio quel «cretino» a rivelarsi invece la chiave di svolta per l'inchiesta su cui lavorano gli uomini della Forestale. Si tratta dell'imprenditore Andrea Mascitti che, in piazza Unione, registra per conto degli inquirenti un incontro nel corso del quale De Fanis gli consegna una busta bianca con all'interno una di quelle presunte mazzette di cui è oggi chiamato a rispondere. Ci sono poi quei due viaggi fatti con l'auto blu, l'uno a Roma e l'altro a Bologna per - sostiene sempre l'accusa - assicurarsi nel primo caso l'assunzione del fratello della Zingariello presso le Poste Italiane e, nella tappa emiliana, fare in modo che la donna fosse sottoposta a una visita medica specialistica saltando le interminabili file delle Asl. A dimostrare la sua responsabilità sarebbe un'altra intercettazione, quella tra l'ex assessore e la ragioniera generale della Regione Marina Marino che il 21 maggio rimprovera a De Fanis «l'illegittimità dell'assegnazione dei contributi» dimostrando, secondo il pm Bellelli, il suo«arrogarsi il potere di valutazione, decisione ed erogazione del contributo per il suo tornaconto economico e politico» mettendolo in una «posizione di forza nei confronti delle persone che facevano istanza per ottenere il contributo». Una posizione di forza di un uomo incapace di digerire quella variazione di legge che gli toglieva il potere decisionale tanto da spingerlo, secondo quanto estratto dalle telefonate, a contattare il presidente del Consiglio regionale Nazario Pagano lamentandosi del fatto che così «non contiamo più un cazzo». Resta l'ombra sul se e chi sapesse con largo anticipo di quell'inchiesta che ne ha fatta ora scattare un'altra per scoprire l'esistenza di questa presunta talpa che avrebbe quindi dato il via alla «fuga di notizie» che avrebbe fatto finire l'ex assessore sulle prime pagine dei media e spinto la stessa Zingariello a creare una cartella mail in cui salvare tutte le conversazioni avute con il suo presunto amante. Da parte sua, De Fanis, l'uomo che giustificava con un «purtroppo chi nasce signore e dispendioso è così» quella bottiglia da 130 euro di champagne, continua a dichiararsi innocente ed estraneo ai fatti, assicurando, per voce dell'avvocato Frattura, «di aver amministrato la cultura nel pieno rispetto delle norme».