L’AQUILA La tentazione di lasciare tutto, di fare un passo indietro è forte. Il sindaco Massimo Cialente ci ha pensato su tutta la notte, dopo aver visto e rivisto in televisione i servizi sull’inchiesta per le presunte tangenti negli appalti relativi ai puntellamenti. Un’inchiesta con quattro arresti domiciliari e altrettanti indagati, tra cui il suo vicesindaco Roberto Riga – che si è dimesso – e il dirigente della ricostruzione Mario Di Gregorio, subito sospeso dall’incarico. «Mi sono sentito profondamente tradito», aveva commentato a caldo Cialente, subito dopo aver appreso per radio la notizia degli arresti e delle perquisizioni eseguite dalla polizia. Ieri, un altro risveglio amaro per Cialente. Impossibile mandar giù, oltre ai titoli dei giornali, anche le parole del ministro Carlo Trigilia che in un’intervista parla di fatti deplorevoli «e di una scarsa sintonia con gli amministratori aquilani che non possono pretendere, nelle condizioni in cui si trova il Paese, di ricevere stanziamenti che non siano direttamente legati alla capacità di spesa». Un attacco, da tempo nell’aria, sferrato dal ministro Trigilia nel giorno più buio per il sindaco Cialente e la sua amministrazione. Parole interpretate da Cialente come la conferma del disimpegno del governo nei confronti della ricostruzione della città. E subito le prime sconsolate dichiarazioni. «Mai come in questo momento mi sono sentito abbandonato dalle istituzioni centrali. Sto riflettendo se fare un passo indietro. È chiaro che in questo momento c’è uno scontro politico, perché non ci sono soldi, non c’è un progetto volto a trovare il modo di finanziare la ricostruzione e c’è lo scontro con l’Europa sull’impossibilità – una vera vergogna – di non poter sfondare, neppure in caso di calamità, il tetto del 3% imposto dal Patto di stabilità. Devo capire se posso ancora essere utile alla mia città o se devo lasciare. Il problema, e le parole di Trigilia sono eloquenti, è anche un governo con cui è ormai impossibile interloquire. Siamo abbandonati a noi stessi. L’Aquila è una città allo sbando e forse con un altro interlocutore il governo potrebbe mostrare maggiore interesse». Una dichiarazione rilasciata subito dopo aver letto le dichiarazioni di Trigilia che proprio per mercoledì aveva annunciato la sua visita all’Aquila. Un viaggio cancellato 24 ore prima, «perché», aveva commentato Cialente, «il ministro non aveva nulla di nuovo da dire e niente fondi da poter destinare alla città». Visita cancellata e al suo posto l’incontro a Roma con il coordinatore dei comuni del cratere Emilio Nusca, ex sindaco di Rocca di Mezzo, alimentando così – con qualche facile promessa – la divisione tra L’Aquila e il resto del cratere. Altro schiaffo al capoluogo, altro giro. Poi le parole del ministro: «Il Comune dell’Aquila, il sindaco dell’Aquila, continuano a ritenere l’impegno del governo insufficiente, c’è davvero poca sintonia con loro. Sono critiche ingenerose. La ricostruzione non si è mai interrotta per mancanza di risorse, il rubinetto non è mai rimasto chiuso. E finora sono stati spesi 12 miliardi». Cialente incassa il colpo, senza neppure contestare le cifre snocciolate dal ministro e lascia trapelare l’ipotesi delle dimissioni «perché non voglio che il governo strumentalizzi questa vicenda». Ma intanto riunisce i dirigenti. Nel suo ufficio continua il solito viavai. Poi, qualche ora dopo, il dietrofront: «Non mi dimetto, sarebbe una fuga dalle difficoltà». Passano le ore e nel pomeriggio Cialente si prepara a partecipare alla riunione del Pd che segue di 24 ore quella di maggioranza. Una riunione complicata. drammatica, con Cialente arrivato a definirsi «un’anatra zoppa», spiegando così la perdita di credibilità e l’isolamento a cui L’Aquila potrebbe essere condannata. Una discussione, a tratti concitata, per trovare il modo di andare avanti – evitando dimissioni, commissariamento ed elezioni anticipate – dando comunque un segnale forte di cambiamento e di apertura alla città. Una riunione fiume dove qualcuno è arrivato a proporre anche l’azzeramento della giunta. Ipotesi bocciata dallo stesso Cialente, tornato più volte a ribadire di voler fare la scelta giusta per il bene della città. Dimissioni incluse, come da più parti sollecitate.
«Gli appalti assegnati dopo intese coi politici»
Deposizione choc del titolare della Steda su come venivano affidati i lavori «In Comune ognuno era competente in relazione alle aree di influenza»
L’AQUILA «Preciso che Tancredi mi spiegò che in Comune all’Aquila i lavori venivano affidati previo accordo con i singoli politici o funzionari in relazione alle loro aree di influenza. Mi si disse che, ad esempio, gli immobili Ater facevano capo a una persona e gli immobili di altra natura ad altra persona ancora, e nel caso di specie il vicesindaco Riga era referente per l’aggregato che mi si propose». È uno stralcio, molto indicativo su come gli appalti nel post-sisma venivano gestiti. Almeno secondo l’accusa. A dirlo è Daniele Lago, uno degli indagati nell’inchiesta della squadra Mobile dell’Aquila che ha portato all’arresto di 4 persone e a indagarne altrettante. Lago, titolare della Steda, è comunque indagato mentre sono ai domiciliari l’ex consigliere comunale Pierluigi Tancredi, l’ex assessore comunale Vladimiro Placidi, l’ex cerimoniera del Comune Daniela Sibilla e l’imprenditore Pasqualino Macera. Gli investigatori, per la verità, erano già giunti da soli alle stesse conclusioni, ma l’imprenditore di Bassano ha raccontato la sua verità nello scorso novembre nel tentativo, andato a buon fine. di evitare misure cautelari. Le indagini sono partite dall’appalto che ha avuto la Steda per puntellare Palazzo Carli. La sua deposizione corrobora le tesi della polizia, e spiega come sarebbe andato il tentativo di accaparrarsi l’appalto della messa in sicurezza di un aggregato in via Accursio, con riferimento a un palazzo della dottoressa Sabrina Cicogna. «In conseguenza di questa spartizione», ha detto ancora Lago, «era dovuta a Riga una somma a titolo di compenso per l’affidamento diretto che mi avrebbe procurato. Quando ci incontravamo lo facevamo stabilmente nella hall dell’hotel Amiternum. Ricordo che in qualche occasione mi ha accompagnato anche Agostino Marcon. In uno degli incontri, Riga, alla presenza di Tancredi e Marcon, mi disse che ci era stato assegnato il puntellamento per l’aggregato Alto.mac il cui consorzio era presieduto dalla Cicogna». I lavori, però, non andarono alla Steda. Lago, nelle sue dichiarazioni, sembra esaltare il ruolo di Tancredi. «I miei rapporti con Tancredi», si legge ancora negli atti di indagine, «erano particolarmente stretti. Dal 2009 all’aprile 2010, avevamo contatti praticamente quotidiani e l’argomento principale era legato agli appalti per la ricostruzione. Avevo verificato, come per i Map, che grazie al suo ruolo istituzionale potevano aprirsi per la Steda una serie di opportunità di lavoro. Anche per questo vedevo un futuro roseo e avevamo aperto un ufficio». «Verso ottobre 2009», aggiunge, «mi rendevo conto che Tancredi mi portava a conoscere imprese e chiedeva rimborsi spese e percentuali sugli appalti che avrebbe potuto procurarmi. Io ragionavo sul fatto che forse sarebbe stato meglio pagare delle somme a favore di una persona che conosceva il territorio e vantava amicizie piuttosto che un dirigente della Steda in trasferta all’Aquila». Le dichiarazioni di Lago, che come alcuni dei sospettati è indagato per corruzione, vanno anche oltre ma la sostanza è questa. L’indagine, condotta dalla squadra Mobile, diretta da Maurilio Grasso, e con il contributo dello Sco, è coordinata dai pm David Mancini e Antonietta Picardi. Si avvale di un’enorme mole di documentazione cartacea e altrettante intercettazioni che risultano ancora coperte da segreto.
Emilia Romagna: «Da noi c’è stata la massima trasparenza»
«Il grande lavoro per la ricostruzione è stato fin da subito improntato a criteri di massima trasparenza e garanzia per i cittadini e le imprese. Abbiamo scritto regole chiare e tracciato un percorso di verifiche stringenti e imprescindibili per l’utilizzo di risorse pubbliche. Siamo certi di aver operato nel giusto a garanzia della nostra comunità». Così l’assessore regionale alle Attività produttive Gian Carlo Muzzarelli in merito alle notizie sull’azienda Steda coinvolta nell’indagine per tangenti in Abruzzo. L’azienda Steda ha vinto tra agosto e novembre 2012 alcune gare per la gestione dell’emergenza post terremoto in Emilia, e ha svolto i lavori che gli sono stati affidati con procedure regolari e nella massima trasparenza. L’impresa, operante in tutta Italia, risultava in regola con le norme prescritte, comprese quelle legate alla white list».