«Me ne vado, ora vedrò che ne pensa la giunta» ha detto qualche minuto prima del vertice. Gli assessori, sorpresi dall’improvvisa adunata, si sono presentati nel suo ufficio all’ultimo piano con le dimissioni pronte: «Siamo disponibili ad andarcene, così hai le mani libere. Ma tu non puoi lasciare, il commissariamento sarebbe devastante». «Ma che dite? Perché dovrei cacciarvi? Che colpe avete?» ha replicato più o meno così il sindaco. A quel punto è prevalsa la linea della prudenza: qualcuno ha fatto notare a Cialente - infastidito tra l’altro dalle critiche della rettrice Paola Inverardi - che l’indagine è all’inizio, che vanno chiariti ruoli e responsabilità. E allora è cominciata l’analisi degli atti: la denuncia da cui è partito tutto e la delibera comunale in cui si parla dei puntellamenti di palazzo Carli. All’epoca dei fatti - dirà poi Cialente - Di Gregorio era dirigente alla Cultura, alla Protezione civile e agli impianti sportivi. Vladimiro Placidi è stato nominato assessore un mese dopo la costituzione dell’Ati Steda/Silva al centro della bufera.
LE DICHIARAZIONI
Cialente si è infilato in macchina alle 11, dopo aver ampiamente parlato con i giornalisti che lo hanno assediato. Ha fissato in lunedì il termine ultimo per la sua decisione, aggiungendo di «avere tutti gli elementi in mano per una scelta che tiene conto solo del bene della città». Il suo è stato uno sfogo-fiume: «Abbiamo visto gli atti delle indagini, stanno evidenziando che vi sono alcune cose che non collimano con i tempi di nomina di assessori o i ruoli. Se è vero che Vladimiro Placidi non era assessore ma era un privato cittadino quando ha fatto quelle cose, tutto si sta risolvendo su due aspetti gravissimi come sospetto, ma che sono due avvisi di garanzia. All’epoca dei fatti Mario Di Gregorio (uno degli indagati, ndr) era dirigente alla Cultura, Protezione civile e Sport, quando nell’ordinanza viene citato quale “funzionario responsabile dell’ufficio ricostruzione del Comune”». È a questo punto che ha confermato l’attacco al governo: «Sto riflettendo per i rapporti, sempre più difficili, per i fondi insufficienti, e anche il complessivo indebolimento della mia persona e della Giunta per quanto accaduto. L'intervento di Trigilia ha definitivamente delegittimato il sindaco dell'Aquila e credo che lo abbia fatto sentendo il premier Letta perché non può averlo fatto di propria iniziativa». Il segretario del Pd, Stefano Albano, ha avvertito: «Le dimissioni sono da scongiurare, ci sono degli errori politici da riconoscere e che il sindaco ha correttamente riconosciuto».
IL VOTO
Per ora, dunque, pare tramontato il progetto di un ritorno alle urne, a maggio, magari con Lolli candidato. Lo stesso Lolli che ieri ha parlato per la prima volta: «Non si può non fare niente. Esiste una responsabilità politica, ma il sindaco è una persona per bene che non è neanche lambito da questa vicenda».