L’AQUILA L'inchiesta giudiziaria che ha portato ad arresti e avvisi di garanzia neanche lo lambisce, ma il peso della responsabilità politica Massimo Cialente lo sente tutto sulle sue spalle. Un fardello diventato troppo pesante da sopportare nella solitudine che accompagna i comandanti quando la nave affonda, e la tentazione di mollare c'è stata e probabilmente c'è ancora. Per il momento solo l'intervento degli assessori in Giunta, riuniti d'urgenza ieri mattina, e il sostegno annunciato dal Pd aquilano lo ha portato a rimandare ogni decisione a lunedì. «Ho tutti gli elementi per poter valutare, penso di prendermi 48 di tempo per pensare a cosa fare nel bene esclusivo della città» ha detto il sindaco. Possibile che l'annuncio sia destinato a rimanere tale, come già accaduto il giorno prima e più volte in passato, e che la mossa sia stata fatta ad arte per guadagnare tempo e alleggerire la pressione che inevitabilmente sta montando dopo la deflagrazione della bomba giudiziaria di mercoledì scorso. Ma l'atteggiamento e lo sguardo del primo cittadino all'uscita dalla riunione dell'Esecutivo erano quelli di un uomo fortemente provato, sul piano emotivo oltre che politico, con una parte del partito che chiede una svolta alla sua azione amministrativa e assessori che a microfoni spenti e taccuini chiusi non nascondono il malessere e l'imbarazzo per una situazione che complica maledettamente le cose nelle trattative con il Governo per la questione fondi. Le frasi del Ministro per la Coesione territoriale, che si possono racchiudere in un «basta chiedere soldi in continuazione, sono stati spesi già 12 miliardi», segnano un salto di qualità nei rapporti tra Amministrazione e Governo. «Le frasi del ministro Trigilia, che non potevano non essere concordate con il premier Letta, delegittimano, di fatto, il sindaco dell'Aquila. Fino ad oggi avevo la possibilità di andare a Roma e battermi per questo territorio, battendo anche i pugni sul tavolo se necessario. Ora devo capire se ho ancora questa possibilità». E non è un caso che il sindaco citi Enrico Letta, uno degli esponenti di punta di un partito, il Pd, che sembra aver abbandonato a se stesso i vertici locali al loro destino. Sarà un caso ma dai vertici regionali dei democrat non è arrivata una parola di sostegno, almeno pubblicamente, nei confronti del sindaco del capoluogo. Così come non è un caso che ad attenderlo fuori gli uffici di Villa Gioia c'era l'amico e compagno di sempre, l'ex parlamentare Giovanni Lolli, con il quale si è allontanato in macchina dopo la riunione con gli assessori. Per il primo cittadino è arrivato il momento di riunire attorno a sé i fedelissimi e cercare di capire come muoversi, visto che forse per la prima volta in sette anni sente di aver perso una parte di quel consenso popolare di cui è sempre andato fiero. E non perché uno sparuto gruppo di cittadini abbia protestato davanti la sede di Villa Gioia o perché i rivoluzionari da scrivania abbiano manifestato il dissenso attraverso i social network, ma perché sa che la sospensione di un dirigente e le dimissioni del suo vice sono una soluzione troppo semplicistica per una vicenda che tutti riconoscono essere grave e imbarazzante per l'immagine della città. Dall'opposizione i consiglieri Liris e Piccinini sono pronti a chiedere un Consiglio comunale straordinario per discutere dell'inchiesta e di tutti gli scenari che ne sono seguiti. Sempre che Cialente non si dimetta prima e ci sia ancora la possibilità di convocarlo in Consiglio comunale.