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Pescara, 17/12/2025
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Data: 12/01/2014
Testata giornalistica: Il Tempo d'Abruzzo
Cialente se ne va. Sul serio. Fatale il rimborso gonfiato alla cognata. «Non faccio l’anatra zoppa». Ma gli aquilani lo avevano già «dimesso»

L’AQUILA «Ho capito di essere diventato un problema per la città. Per questo, nonostante moltissimi mi abbiano chiesto di ripensarci, mi dimetto e auguro al mio successore di poter realizzare quello che a me non è riuscito. Ho perso, e mi faccio da parte oggi, perché so che a maggio si potrà votare per il mio successore». Sette anni dopo la prima elezione l'avventura di Massimo Cialente alla guida della città si interrompe bruscamente in un sabato pomeriggio che sembra come tanti altri, ma che in realtà è figlio di giorni carichi di tensione, emotiva e politica, legata allo scandalo delle presunte mazzette per gli appalti post terremoto che ha portato ai domiciliari quattro persone, tra cui l'ex assessore Vladimiro Placidi, e alle dimissioni dell'ex vice sindaco, Roberto Riga, indagato insieme al dirigente comunale Mario Di Gregorio. Il giorno prima la decisione delle dimissioni era stata presa dal sindaco, ma gli assessori lo avevano convinto a prendersi 48 ore di tempo per pensarci. Domani avrebbe dovuto sciogliere ogni riserva. Ma è bastato molto meno tempo a Cialente per capire che la pressione era diventata insostenibile, anche per chi, come lui, aveva passato drammi terribili alla guida di una città distrutta dal sisma che ha strappato 309 vite. «Mi sono reso conto che qualcosa è cambiato - ha detto Cialente, che per un'ora si è sfogato con i giornalisti, circondato dai fedelissimi della Giunta e dai collaboratori più stretti -. Nei miei confronti è partita un'offensiva senza precedenti da parte dei media, nazionali e non, che mescolati all'indignazione popolare mi hanno fatto capire di non poter più andare avanti». Intercettazioni (relative ad un'inchiesta archiviata, ndr ) rilanciate da quotidiani e siti, il caso relativo al super contributo per l'abitazione distrutta della cognata riportato da Il Tempo («Mia cognata ha usufruito di una norma come hanno fatto altre 27 persone e le pratiche per altre 10 sono in itinere» ha sottolineato l'ex sindaco) e un'ondata di proteste e di rabbia che si è stava concentrando in piazza Duomo hanno portato Cialente ad abbandonare lo scranno più alto di Villa Gioia. «Sono contento che la magistratura indaghi e se ci saranno dei responsabili pagheranno. L'inchiesta riguarda fatti gravissimi, ma non mi tocca. Ma di fronte a questa offensiva mediatica mi è impossibile difendermi: nei miei confronti sono stati usati toni pari a quelli utilizzati durante il maccartismo o nei confronti degli ebrei» ha asserito l'ex primo cittadino, che in un'ora ha ripercorso gli ultimi anni del suo mandato, dalle battaglie con il governo Monti ai dissidi con il ministro Trigilia fino al clamoroso gesto della rimozione delle bandiere dagli uffici comunali. «Allora dissi che me l'avrebbero fatta pagare. Ciò che accade oggi non è collegato a quegli eventi, ma sicuramente ha pesato la lotta che feci per la città e che ha consentito di ottenere un miliardo e duecento milioni. I soldi sono finiti, lunedì verrà pubblicato l'ultimo elenco per lavori pari a 117 milioni, dopo di che si bloccherà tutto». Infine un appello alla città. «Si interroghi su cosa è successo e scelga il suo generale per combattere la battaglia più importante. Ai giovani dico di pensare giovane». In settimana avrebbe dovuto incontrare il premier Letta e i vertici della segreteria nazionale del Pd. «Se mi presentassi sarei come un'anatra zoppa. Per questo le mie dimissioni sono irrevocabili. Per un po' di giorni penso di scomparire e dedicarmi alla famiglia». Si chiude un'era, le elezioni di maggio sono dietro l'angolo.

Ma gli aquilani lo avevano già «dimesso»

L’AQUILA Mentre il sindaco Massimo Cialente teneva una conferenza stampa per annunciare il suo addio, in piazza Duomo almeno cinquecento cittadini lo avevano già «dimesso». In tanti ieri pomeriggio sono tornati in piazza sotto il tendone simbolo dell'attivismo post sisma, per chiedere la testa di Cialente. Una manifestazione organizzata dai comitati cittadini, tra cui Appello per L'Aquila. «Ci sono aquilani che lavorano ogni giorno e cercano di controllare quotidianamente. Oggi lo sdegno viene fuori - dice Ettore Di Cesare -. Delle due l’una: o il sindaco sapeva, e allora è complice politicamente parlando; oppure non sapeva, e quindi è un utile idiota, dunque è inadatto a ricoprire questo incarico. Io del sindaco Cialente ho sempre pensato che non è né utile né idiota. Dimissioni subito altrimenti non si ricostruisce questa città. Se si va avanti con questo andazzo non potrà che andare peggio. Le dimissioni del sindaco sono un atto di responsabilità verso la città perchè le dà una speranza di ricostruzione e una speranza di riscatto con un nuovo mandato popolare: dobbiamo dimostrare questo all'Italia. Pensiamo a chi ha fatto donazioni per la riscostruzione e adesso legge sui giornali queste cose - continua -. Io mi vergogno, la parte sana della città si deve ribellare e mandare tutti a casa. Elezioni subito a maggio». Dello stesso tono le dichiarazioni di Anna Lucia Bonanni, dell'Assemblea cittadina: «In questa città un'alternativa a Cialente esiste, il messaggio che sta passando oggi è che c'è qualche mela marcia, che non si può andare avanti, e che a Cialente non c'è alternativa ma non è vero. Noi stiamo lavorando da dopo il terremoto, perchè c'è una parte sana della città che si tira fuori da questo genere di politica, da questo tipo di classe dirigente che non è assolutamente più credibile. Noi già pensavamo che non fosse capace, tanto che abbiamo costituito liste civiche in alternativa a questo tipo di politica. Per noi non si doveva dimettere Cialente in quanto persona fisica, ma in quanto sistema. Esiste un sistema di corruzione collaudato, se non è tutto giuridicamente rilevante, lo è politicamente. Loro hanno dimostrato di non avere le capacità di governare questa città, e ora anche di non essere più credibili. Noi continueremo per le elezioni di maggio». Pensieri condivisi anche da Vincenzo Vittorini, di L'Aquila che vogliamo: «Bisogna ripartire da zero con persone nuove che ricostruiscano in modo serio e trasparente - afferma -. Non si puo portare davanti all'Italia e all'Europa una figura come quella che sta facendo L'Aquila, questa città non lo merita». Stessa posizione per Patrizia Tocci, una delle cittadine più attive nel post sisma: «Ci sono in ballo molti soldi e L'Aquila è stata un alternarsi di commissari, sub commissari - dice -. Noi siamo tutti garantisti. Ma devono andare tutti a casa».

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