L’AQUILA Il sindaco Massimo Cialente lascia la guida della città ancora sotto choc per l’inchiesta su appalti e tangenti. Lascia con l’amaro in bocca e tante incognite. Ora in ballo non c’è soltanto il futuro politico di un uomo, ma anche quello amministrativo di un’intera città alle prese con la ricostruzione urbanistica e sociale a quasi cinque anni dal terremoto che l’ha devastata. Dopo 2.417 giorni passati sulla «poltrona più scomoda d’Italia», come ha più volta sostenuto, il primo cittadino getta la spugna aprendo la strada al commissariamento, mentre a destra come a sinistra, e anche tra i movimenti civici che siedono in consiglio comunale, già si affilano le armi e si preparano le strategie per affrontare il voto. Trascorsi i 20 giorni dalle dimissioni, arriverà il commissario prefettizio. Dovrà guidare la città fino alle elezioni di maggio, quando quelle comunali s’intrecceranno con le regionali e le europee. Una spada di Damocle sulla città, quasi una sciagura. Così è visto l’arrivo del commissario, persino da quei consiglieri di opposizione, come Angelo Mancini, che hanno fatto lunghe battaglie contro Cialente. Per Mancini, l’ormai ex sindaco «avrebbe dovuto presentarsi in consiglio comunale con la giunta dimissionaria e lì vedere se c'era o meno una maggioranza per andare avanti». Queste dimissioni, invece, appaiono «incomprensibili» per un sindaco «che non ha ricevuto nemmeno un avviso di garanzia». Il commissario gestirà l’ordinaria amministrazione: chi penserà, dunque, alla ricostruzione? Chi andrà a esigere le risorse al governo? Quanto allo scenario politico, alle elezioni potrebbe presentarsi, per il Pd, l’ex parlamentare Giovanni Lolli. Probabilmente salterà questo giro la democratica Stefania Pezzopane, eletta da poco senatrice. A destra potrebbe essere ancora la volta Giorgio De Matteis, in quota Udc. Intanto per oggi è prevista un’assemblea dei partiti della coalizione, mentre i movimenti Appello per L’Aquila e L’Aquila che vogliamo, guidati rispettivamente da Ettore Di Cesare e Vincenzo Vittorini già ieri in piazza Duomo hanno detto: «Siamo pronti ad andare al voto». Un appuntamento sul quale pesa, però, l’incognita del decreto anticorruzione, che prevede incompatibilità tra la carica di sindaco, consigliere e incarichi ai vari livelli.