BENEVENTO «Nell’estate del 2011, negli ambienti del Pdl si parlava della mia sostituzione all’incarico di direttore amministrativo. Ne parlai anche con l’onorevole Nunzia De Girolamo». È il secondo interrogatorio in Procura di Felice Pisapia, direttore amministrativo della Asl di Benevento, quello del 18 gennaio 2013. Un verbale, raccolto sempre dal pm Giovanni Tartaglia Polcini, ancora inedito. Descrive a tinte fosche, rincarando la dose, il pesante clima da veleni nella Asl beneventana. Un verbale con nomi e cognomi, oltre che descrizioni di fatti, così numerosi che il pm Giovanni Tartaglia Polcini si è sentito in dovere di invitare l’indagato a «munirsi di elementi di riscontro in vista di successivi colloqui con gli ufficiali della guardia di finanza». Detto fatto: pochi giorni dopo, l’avvocato Vincenzo Regardi, difensore di Pisapia, consegnerà in Procura le oltre 400 pagine di trascrizioni e il Cd dei 246 minuti di registrazioni, carpite di nascosto durante gli incontri nella casa del padre del ministro Nunzia De Girolamo. I famosi incontri, il 23 e 30 luglio 2012, tenuti dal «ristretto direttorio politico-partitico» secondo la definizione del gip Flavio Cusani.
CONTRASTI E COLPI BASSI
Il 18 gennaio di un anno fa, Pisapia si difende in anticipo e descrive contrasti e colpi bassi tra lui e il direttore generale Michele Rossi. Quattro giorni prima aveva parlato di «punti di vista differenti sulla gestione complessiva dell’azienda». Ora va oltre e, sugli 87 mandati di pagamento per 8 milioni firmati il primo giugno 2012, su cui gli inquirenti indagano, accusa: «Solo alcuni sono riconducibili alla mia persona, quelli su Artsana, Vivisol e altri inclusi nella nota che inviai a Rossi il 18 giugno 2012». L’insinuazione di Pisapia, neppure tanto velata, è che qualcuno, con la password di un dipendente del suo ufficio, sia entrato nel suo computer e abbia manipolato i mandati di pagamento. Dice Pisapia: «Si è trattato di una macchinazione ai miei danni. Non ho però idea su chi abbia confezionato e digitato questi mandati. Ma in questo contesto tutto è possibile, anche un tentativo di screditarmi, seminando prove a mio carico». E ancora: «I mandati risultano non veritieri icto oculi». E giù esempi di pagamenti che Pisapia disconosce, come quelli all’avvocato Perna, o alle ditte Modisan, Crisalide, Migapi.
Racconta ancora l’ex direttore amministrativo della Asl beneventana: «Mi accingevo a fare il passaggio di consegne con la nomina del nuovo dirigente all’ufficio bilancio. A quel periodo risalgono le vicende, collegabili, dell’invasione nella mia stanza e dell’uso illegittimo del mio computer». E spiega: «Digitai alcuni mandati, ma rinviai il lavoro al lunedì successivo per mancanza di alcuni documenti. Quando mi portarono i mandati da firmare, vidi che non erano in linea con il mio lavoro. Li bloccai e ne parlai con Rossi e il dottor Falato, tra il 14 e il 15 giugno. Fu proprio il direttore generale a dirmi che voleva correggere l’errore». Pisapia parla di sua «ingenuità» da credulone in quell’occasione, della volontà invece di Rossi di farlo fuori «non solo dalla direzione dell’ufficio bilancio, ma da qualsiasi altro mio incarico presso la Asl». E racconta delle voci politiche che lo volevano già esautorato: prima gliene parlò l’avvocato Landolfi, poi il dottore Pasquale Grimaldi. Fu allora che volle chiederne conferma a Nunzia De Girolamo, ma anche con professionisti legati all’ambiente bancario, come l’avvocato Suppa. E fa i nomi di altri funzionari che, in contrasto con il manager Rossi, avrebbero avuto problemi nella Asl.
Oggi, a Napoli, al tribunale per il riesame verranno discusse le posizioni di sei indagati. Tra loro, ci sarà anche Felice Pisapia, che festeggia il suo 45esimo compleanno proprio nel giorno dell’udienza-verità. Nel frattempo, i riflettori si spostano sull’udienza di oggi. E sullo scenario di una Asl che, tra appalto per il 118, commissioni, nomine, pagamenti preferenziali e incarichi di consulenze è nel mirino dell’ispezione disposta dal governatore campano Stefano Caldoro. Una delle ultime stilettate a Rossi, l’ex direttore amministrativo Pisapia la riservò al sistema delle nomine nelle commissioni di gara. Dichiarò il 18 gennaio: «I componenti vengono scelti con delibera del direttore generale e non con determinazioni dirigenziali». Un gran potere, politico ed economico. Sulla sanità, beneventana e non solo, si giocano carriere e voti.
Il Comune di Benevento: «Abusivo il bar dello zio, non ha i permessi»
BENEVENTO La chiusura del bar del Fatebenefratelli non c’è stata, in quanto il dirigente del settore commercio si esprimerà oggi, ma l’ufficio tecnico ha già riscontrato attività di rilevanza penale in ordine ai lavori eseguiti e ha informato, tra gli altri, anche la Procura della Repubblica. Per le opere realizzate, necessarie per il trasferimento del bar, manca il titolo amministrativo. E non basterà una Scia, in quanto l’immobile, realizzato nel 1893, risulta vincolato poiché inventariato dal ministero per i beni culturali ed ambientali. Occorre, pertanto, il parere della Soprintendenza, pregiudiziale per il rilascio dell’eventuale permesso di costruire. Nella relazione redatta dal settore commercio, inoltre, si paventerebbe persino il ritiro della licenza commerciale.
Circa il ruolo ed il comportamento tenuto dal ministro Nunzia De Girolamo nell’affidamento della gestione del bar interno all’ospedale Fatebenefratelli, Mario Liguori, il "patriarca" del bar, che secondo le accuse sarebbe stato estromesso per volontà del ministro,non ha nulla da dire, anzi, si dice “totalmente indifferente”. Che le pressioni finalizzate a orientare le decisioni dei frati ci siano state o meno da parte del ministro dell’Agricoltura, all’87enne commerciante importa ben poco.
Vista la veneranda età, a don Mario non resta che il «profondo dispiacere dovuto al dissidio creatosi internamente alla famiglia per questioni economiche», oltre all’amara consapevolezza che, «per la crudeltà degli avvenimenti descritti e per la mia età ormai troppo avanzata, non sarà più possibile sanare una tale frattura». Lo sconforto di un padre che per una vita ha lavorato sodo per far progredire economicamente la famiglia, oggi profondamente divisa. Dopo che qualche anno fa, Franco ha deciso di uscire dalla società che, fra altre attività, gestiva pure il bar dell’ospedale a partire dal 1975, circa 40 anni.
Oggi, la gestione è rimasta in famiglia, è passata alla nipote Giorgia Liguori, figlia di Franco e nipote del ministro, dopo che i Fatebenefratelli, «con un voltafaccia inspiegabile le cui ragioni vere solo oggi appaiono chiare - dice l’altro figlio di Mario, Maurizio rimasto in società con il padre - hanno disdetto l’antico rapporto di collaborazione». Il riferimento, è evidente, va al contenuto delle registrazioni carpite a casa del padre di De Girolamo dall’ex direttore amministrativo della Asl Pisapia, dalle quali si apprende che il ministro dell’affidamento della gestione si era occupata: «Facciamogli capire che un minimo di comando ce l’abbiamo. Altrimenti mi creano coppetielli con questa storia. Mandagli i controlli e vaffa…», diceva al management della Asl a proposito delle titubanze del Fatebefratelli.