ROMA «Verboten». Esce allo scoperto Lufthansa nel tentativo di bloccare l’alleanza tra Alitalia ed Etihad. E magari può essere un segnale chiaro che l’accordo è davvero vicino. «Noi chiediamo alla Commissione Ue di proibire le tattiche di aggiramento». Non lascia spazio a equivoci, la lettera inviata a Bruxelles dai vertici del vettore tedesco. L’intesa tra la nostra compagnia e quella di Abu Dhaby non deve essere avallata semplicemente perché sarebbe il frutto di un aiuto di Stato mascherato. E, dunque, vanno annullate «tattiche di aggiramento» rispetto alle regole della concorrenza. «Noi facciamo i nostri compiti - scrive Lufthansa - attraverso dolorose misure di riduzione dei costi, ma abbiamo bisogno di una concorrenza leale. Rifiutiamo il ricorso a sovvenzioni e la parziale statalizzazione di compagnie aeree europee, indipendentemente dal fatto che queste arrivino da Stati europei o da Stati o compagnie statali che si trovino al di fuori della Ue».
LE REAZIONI
Messaggio finale di sapore teutonico, nei contenuti e nei toni: «Non permetteremo che si continui a usare l’Unione come alibi per bloccare la concorrenza nel comparto aereo». Ed è possibile, che una volta tanto, i tedeschi trovino una sponda negli inglesi, più precisamente in British che, non più di un mese fa, aveva diffidato la Ue ad avallare operazioni pro Alitalia (i 70 milioni messi dalle Poste) che configurassero «aiuti di Stato». La prima risposta a Lufthansa e British è arrivata, a stretto giro di agenzie, dal vice presidente della Commissione europea, Antonio Tajani: «A me sembra che la trattativa tra Alitalia ed Etihad non comporti violazioni delle regole sulla concorrenza perché nel caso specifico c’è un acquisto da parte di privati». Più pepata la replica del ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi: «Nessun aggiramento mascherato delle regole, ma trattativa privata. Al governo italiano spetta la politica nazionale delle infrastrutture e in questo senso sta facendo il suo dovere auspicando che l’accordo vada in porto. Mi sembra piuttosto che siano i tedeschi a temere la concorrenza. Il loro allarme per un possibile accordo con Etihad conferma che Alitalia è sulla strada giusta». In effetti l’alleanza permetterebbe al vettore arabo di penetrare più incisivamente sul mercato italiano che è il nono al mondo nel settore del trasporto aereo.
Mentre sul fronte europeo si annuncia battaglia a livello di governi, su quello interno dovrebbe scattare il confronto azienda-sindacati. Sul tavolo i 1.990 «esuberi» individuati nel piano industriale. La compagnia li conferma tutti, le organizzazioni dei lavoratori non accettano licenziamenti. Intanto hanno incassato la cancellazione della cassa integrazione a zero ore per poco più di 300 impiegati. Si tratta di un primo passo, comunque considerato come pregiudiziale, all’avvio della trattativa. Le parti avrebbero dovuto incontrarsi già ieri pomeriggio, la riunione è stata rinviata per «improrogabili impegni» dell’amministratore delegato, Gabriele Del Torchio. Probabilmente le parti torneranno a rivedersi oggi.
Ma sui sostegni dati a Cargolux i tedeschi non fanno una piega
ROMA Per anni nemmeno una parola sulla concorrenza sleale del Lussemburgo. Ma quando si tratta di Alitalia i tedeschi di Lufthansa non riescono proprio a trattenersi. Gridano agli aiuti di Stato se le Poste fanno un passo della compagnia italiana. E si sgolano bussando in tutta fretta alla Commissione Ue anche se arriva un partner come Etihad (con tutti i requisiti del socio industriale) a giocare le sue carte con Alitalia. Certo, le preoccupazioni dei tedeschi si comprendono. L’ affondo degli arabi è l’ennesima mossa di una strategia iniziata nel 2011 a colpi di acquisizioni (il 29% di Airberlin, il 40% Air Seychelles, una quota in Virgin Australia, il 3% dell’irlandese Aer Lingus, l’accordo con Air Serbia e l’investimento in Jet Airways). Senza contare che un asse degli Emirati Arabi con Alitalia può portare nuova linfa anche all’alleanza Skyteam di cui fa parte anche Air France-Klm. Ma come mai i tedeschi, così sensibili quando si tratta anche di un improbabile aiuto di Stato, sono riusciti a fare spallucce sugli oltre 300 milioni versati dal Lussemburgo per salvare la sua compagnia di bandiera? Perchè nemmeno una parola sull’aggressività di una Cargolux Airlines che nel 2009 ha strappato il via libera dell’Enac a esercitare dal nostro Paese un’attività di cargo su scala internazionale attraverso una semplice filiale? Evidentemente fare asse con il Lussemburgo a Bruxelles val bene un’immagine di scarsa lealtà nei confronti di un partner che si portano dietro da due anni. Eppure gli spunti per alzare la voce non mancavano. Primo: Cargolux è controllata all’80% dal Lussemburgo, lo stesso Stato che negli anni della crisi ha iniettato oltre 300 milioni per evitarne il fallimento. Non solo. Cargolux è la stessa società che con un affondo tutt’altro che lineare ha deciso di operare sulle rotte internazionali dall’Italia aprendo una semplice filiale (la cabina di comando è in Lussemburgo, da dove partono anche aerei, equipaggi e il network commerciale). Sulla sostenibilità della licenza Enac è ancora in corso il procedimento al Tar del Lazio avviato da CargoItalia (compagnia nata dalle ceneri di Alitalia cargo e finita in liquidazione volontaria proprio per quei comportamenti scorretti). Ma sono ben due anni che a Bruxelles giace un dossier per concorrenza sleale a carico della stessa Cargolux Airlines. Il commissario Almunia lo sa bene. Ma la procedura di infrazione non decolla. E il silenzio di Lufthansa fa più rumore degli strepiti su Alitalia.