L’AQUILA Dove eravamo rimasti? Cialente prende in prestito la frase di Enzo Tortora per riannodare i fili del discorso interrotto con le sue dimissioni, poi ritirate. E riparte da dove aveva lasciato: la mancanza di regole per i cantieri della ricostruzione privata. Dove ciascuno, a casa sua, affida i lavori a chi vuole. E tutti si scatenano a caccia di appalti, con manovre più o meno regolari. E dove non sempre tutto va a buon fine. Anzi. Tipo le ditte che falliscono e addio lavori. «Se ne deve entrare un’altra, chi lascia chiede i soldi», denuncia Cialente, che ora ha un alleato in più nella sua battaglia per la legalità e la ricostruzione rapida e trasparente, l’ex pm Nicola Trifuoggi suo vicesindaco. DEREGULATION. «Quando con Barca è stato scritto il decreto», afferma il sindaco, «ci siamo accorti che servivano due cose: un testo coordinato del quintale e mezzo di ordinanze, decreti, circolari, e l’attuazione di decreti delegati. Il primo problema, per il quale ho chiesto aiuto a tutti, è gravissimo. Pensiamo, ad esempio, agli orfani del sisma che come noto non hanno nessuna tutela. Chi aveva una casa in comodato lasciata da genitori oggi scomparsi è fuori da ogni sostegno. La loro abitazione distrutta non viene riconosciuta prima casa, norma che Fintecna aveva inizialmente riconosciuto. Pensiamo anche agli invalidi gravi sopravvissuti al sisma, per cui avevamo chiesto l’equiparazione alle vittime di incidenti sul lavoro. La terza questione è la necessità di attuare una serie di norme di protezione degli aquilani e di moralizzazione del mercato». BROKERAGGIO. «Quello del broker è un mestiere come un altro. Serve alle imprese di fuori per farsi conoscere. Ma quali garanzie ci sono? La mancanza di regole ha portato alla vicenda Mazzi, la ditta che ha lasciato le case costruite a metà. E i cittadini che tardano a rientrare perdono l’assistenza. Oppure il caso Consta o Steda, con le procedure del concordato in bianco. Si dirà che sono cantieri privati, ma i soldi sono pubblici. Come vengono tutelati l’interesse pubblico dello Stato, e in questo caso del Comune, a una rapida ricostruzione, e quello del privato a rientrare nella propria casa? Non ci sono regole. Il cittadino può annullare il compromesso, ma la ditta è pronta a fargli causa. E chi affronta, in un contesto del genere, una causa civile dai 10 anni in su? Si sa, ormai, che le imprese, per andare via, chiedono soldi alla subentrante. È morale tutto questo? Torno fortemente a porre la questione. E se la subentrante non è disposta a entrare, quali conseguenze ci sono sulla qualità dei lavori e sulla sicurezza?», si chiede il sindaco. «Serve una norma, che ora non c’è. Il governo lo sa». TROPPI LAVORI. Cialente sposa la linea dell’Ance sulle ditte che «si sono allargate un po’ troppo imbarcando lavori che non riusciranno a portare a termine. Ma non basta assumere operai per garantire una ricostruzione di qualità. Serve la struttura. Chi improvvisa scommette su una ricostruzione lenta, alla quale vorrebbero condannarci coloro che ci criticano, ora che il Comune è rapido nel via libera ai progetti. Le white list andavano fatte diversamente, evitando concentrazioni di appalti. Su questi temi, come su quello degli affitti a prezzi calmierati per chi torna nel centro storico, il governo è ancora in tempo per intervenire. Le poche regole che ci sono, insufficienti, sono quelle suggerite dall’Ance. Le ho chieste a tutti, da Chiodi e Fontana fino al governo. Sono preoccupato: non so quello che succede realmente nei cantieri. Se nel 2016 riavremo i portici e l’asse centrale bisognerà riportare la gente dentro il centro storico».