Via libera alla «staffetta» con 136 sì e 16 no. Poi in un tweet descrive l’Italia che vorrebbe: «Un Paese semplice e coraggioso#proviamoci»
«Inizi a diventare grande solo quando smetti di fare solo le cose che ti piacciono. E' arrivato il momento di dire che tipo di proposta vogliamo fare al Paese. E' arrivato il momento di uscire dalla palude». Ha esordito così il segretario del Pd, Matteo Renzi, intervenendo alla Direzione nazionale del partito che ha dato il via libera all'avvicendamento a Palazzo Chigi fra il segretario e il premier Enrico Letta. Con 136 sì, 16 no e 2 astenuti, l'assemblea ha approvato una risoluzione che parla esplicitamente di un nuovo governo affidato agli organi dirigenti usciti dal congresso, ovvero allo stesso Renzi (LEGGI il documento integrale). Letta ne ha preso atto e con un comunicato, a pochi minuti dalla votazione, ha annunciato la sua salita al Quirinale, nella giornata di venerdì, per rassegnare le dimissioni nelle mani del presidente Napolitano. In serata, Renzi, via twitter, comincia a raccontare come vorrebbe l’Italia:« Un Paese semplice e coraggioso #proviamoci».
L'INTERVENTO DEL LEADER - «Questo non è un processo al governo - ha puntualizzato il leader durante il suo intervento -. Si tratta invece di capire se siamo in grado di aprire una pagina nuova, per noi e per l'Italia ». Non è un processo, ma di fatto l'azionista di maggioranza dell'esecutivo ha deciso di staccare la spina. Si realizza dunque l'ormai famosa «staffetta» che dovrebbe portarlo subito il sindaco di Firenze alla guida dell'esecutivo, senza quel passaggio elettorale che era stato fin qui sempre invocato. «Ma ora non ci sono le condizioni per tornare alle urne - ha spiegato Renzi - perché non c'è una legge elettorale in grado di garantire maggioranze e perché il percorso delle riforme ancora non è stato avviato». Sul termine «staffetta» è categorico: «La staffetta è quando si procede nella stessa direzione e alla stessa velocità, non quando si prova a cambiare il ritmo». E dunque si volta pagina: «Se l'Italia chiede un cambiamento radicale o questo cambiamento lo esprime il Pd o non lo farà nessuno».
L'ASSENZA DI LETTA - Letta, dal canto suo, a meno di un’ora dall’inizio della Direzione nazionale del Pd ), aveva fatto sapere che dalle parti del Nazareno lui oggi non si sarebbe fatto vedere. «Si decida con serenità» aveva detto il capo dell’esecutivo motivando la scelta di non esserci. «Preferisco aspettare a palazzo Chigi le determinazioni che verranno prese - aveva aggiunto in un messaggio rivolto ai delegati-, in modo che tutti si sentano liberi di esprimere valutazioni e di esplicitare le decisioni che ritengono opportune». Ma proprio dall’interno del partito questa mossa era stata subito interpretata come la decisione di gettare la spugna, nonostante la prova di forza di mercoledì con la presentazione di «Impegno Italia». Scartata a priori l'eventualità di un passaggio in aula per un voto di fiducia che non sarebbe comunque arrivato - opzione questa che era stata caldeggiata da Forza Italia -, Letta non ha potuto fare altro che trarre le conseguenze delle scelte del suo partito decidendo di farsi da parte.
GLI ALTRI INTERVENTI - La relazione di Renzi è stata accolta senza particolari scossoni dall'assemblea piddina. Gianni Cuperlo, principale avversario del sindaco alle primarie, ha preso atto della richiesta del leader e ha chiesto, senza risultato, di soprassedere sul voto, adeguandosi poi alla posizione della maggioranza. Il capogruppo al Senato, Luigi Zanda, ha invece subito avallato la linea di Renzi parlando di una «accelerazione necessaria» e auspicando un nuovo esecutivo «che abbia la possibilità di durare e governare per l'intera legislatura». Favorevole anche il capogruppo dei deputati, Roberto Speranza, secondo cui «la grande famiglia del Pd mette sulle sue spalle senza infingimenti la grande sfida delle riforme e del cambiamento del Paese. Questo partito è l'unico che può veramente provare a cambiare l'Italia». Solo Pippo Civati , tra i big del partito, è in controtendenza: «I dubbi sulle larghe intese restano. Non capisco perché cambiare il premier dovrebbe cambiare qualcosa». Ergo: voto contrario, ma la sua posizione è rimasta quasi isolata. Alcuni esponenti lettiani hanno invece deciso di lasciare la sala per non prendere parte alla votazione.
L’ARRIVO E LA CONTESTAZIONE - Renzi si era presentato al Nazareno attorno all'ora di pranzo, con un volto tiratissimo , e a guastargli ulteriormente l’umore - si racconta che abbia preso malissimo la sfida lanciatagli mercoledì da Letta con la presentazione di «Impegno Italia» proprio alla vigilia della riunione dello stato maggiore del partito - hanno contribuito anche alcune contestazioni ricevute da alcuni lavoratori appostati nei pressi dell'ingresso.
LE ULTIME TRATTATIVE - In mattinata si era a lungo parlato di trattative tra gli staff dei due contendenti, un’ultima mediazione per convincere Letta a fare un passo indietro prima del redde rationem in Direzione. E si era ipotizzato, come via di uscita «onorevole» per il premier, di affidare a lui il ministero dell’Economia, così da garantire continuità al piano di rilancio economico sintetizzato proprio con la presentazione di «Impegno Italia». Ma la proposta era stata respinta al mittente dal diretto interessato e dal suo entourage: «Non siamo al mercato» .