PESCARA Big Luciano scalda i motori. Ieri mattina, all’ex Aurum di Pescara, il principale candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione ha aperto la campagna per le primarie, ma il suo sguardo è già rivolto al campo avversario. Sa bene, Luciano D’Alfonso, che la partita vera si giocherà a maggio, con il presidente uscente Gianni Chiodi. Sempre che nel campo del centrodestra non ci siano sorprese. «Mi fanno notare che non ho ancora un avversario – ironizza l’ex sindaco di Pescara – Se lo dovessi trovare, mi auguro che non mi si accusi di averlo fabbricato». È un D’Alfonso meno ecumenico del solito, che lancia bordate al suo probabile rivale. «Non mi sentirete mai dire nulla sulla qualità degli alberghi – dice riferendosi alla difesa di Chiodi, in merito alla notte galeotta all’hotel del Sole, trascorsa in compagnia di Letizia Marinelli – e non sceglierò mai un assessore soltanto perché conosco il padre o per la sua dimensione fascinosa o per la ripetitività degli inviti a cena». Parole sibilline, che alludono ai criteri di selezione del personale politico da parte della giunta uscente. Dopo il bastone, arriva anche la carota. «Esprimo solidarietà verso coloro che stanno vivendo quello stesso dolore che ho sperimentato anche io, in forme ancora più drammatiche e coinvolgenti – dichiara D’Alfonso - Mi permetto di dare un unico consiglio alle persone coinvolte: studiare le carte, dedicarsi allo studio e sottoporsi con compostezza al giustizio». Si muove con prudenza e circospezione, sullo scivoloso terreno delle inchieste giudiziarie e di «Rimborsopoli»: «Può capitare, a chi è classe dirigente, di essere sottoposto ad una rilettura del proprio operato, solo a chi resta immobile non succede mai nulla». È un fiume in piena Big Luciano, che riserva altri attacchi al centrodestra, questa volta su un piano squisitamente politico. «La giunta Chiodi avrebbe dovuto concludere il suo mandato senza prolungare i tempi di permanenza – è il nuovo affondo di D’Alfonso – Mi chiedo che senso abbia allungare la vita di un’amministrazione che, già da tempo, ha esaurito la sua spinta propulsiva». Tutto il resto è nel segno del più classico copione dalfonsiano: baci, abbracci e strette di mano, da parte del solito codazzo di amministratori, sostenitori e personaggi in cerca d’autore. Lui, maglioncino blu e sorriso a trentasei denti, sceglie un approccio minimal. Anche il famoso tir a tre assi, alla fine, si rivelerà un semplice camioncino, denominato «Regione». L’eloquio è quello di sempre: criptico e avvolgente, da consumato leader democristiano. Il D’Alfonso day è condito da pomposi proclami, svelamenti di grandiosi orizzonti e tortuosi richiami al «protagonismo normativo», alla «tecné realizzativa» e alla «fine di ogni nascondimento o rimpicciolimento». «È il giorno del sentimento, è la festa degli innamorati – sono le prime parole di Big Luciano – e noi vogliamo stabilire un grande legame con le persone, con le imprese e con il territorio, che gireremo in lungo e largo, visitando sei o sette comunità al giorno». D’Alfonso fa sapere che l’attività della «sua» Regione «sarà dedicata per il 33% alla vita delle persone, per il 33% alla bellezza dei luoghi che ci ha donato Dio e per un altro 33% all’attrazione degli investimenti, che dovranno produrre ricchezza e che saranno stimolati dalla semplificazione burocratica». Annuncia una stagione di grandi riforme, «anche dello Statuto», promette «l’introduzione del diritto di recall, che riguarderà manager, amministratori e assessori», garantisce «la rapida approvazione di una legge obiettivo, in dieci punti, che assumerà tra le priorità la ricostruzione aquilana». Scrosciano gli applausi, nella saletta stracolma dell’ex Aurum. Al termine dell’incontro, un nuovo bagno di folla e altri flash dei fotografi, ad immortalare le pose plastiche ed i sorrisi smaglianti di Big Luciano, a bordo del camion «Regione».