ROMA Matteo Renzi, prudentemente, ha indicato il Fisco come la terza delle riforme che intende portare a casa nei primi cento giorni del suo governo. Di tagliare le imposte si parlerà solo a maggio. L’argomento del resto è scivoloso, e rischia di generare aspettative che se tradite potrebbero incidere pesantemente sul consenso. Gli uomini che lavorano al dossier, Graziano Delrio, il responsabile economico Filippo Taddesi e Lorenzo Guerini, stanno innanzitutto cercando di capire quali sono con esattezza le risorse che avranno a disposizione per abbattere le tasse. Molti dei fondi dovranno arrivare dal commissario alla spending review, Carlo Cottarelli. L’ex dirigente del Fondo Monetario Internazionale continua a lavorare, ma ieri ha fatto sapere di essere pronto a rimettere il suo mandato nelle mani di Renzi nel caso in cui il premier incaricato volesse affidare il lavoro a qualcun altro. Difficile. Anche perché ricominciare da zero potrebbe far slittare ulteriormente i tempi. Cottarelli aveva già promesso a Letta 3 miliardi di euro di risparmi quest’anno e altri 13,6 miliardi il prossimo anno. I renziani vogliono di più, almento 5 o 6 miliardi da destinare alla riduzione dell’Irpef. L’ipotesi alla quale si sta lavorando è di far calare, da subito, al 22% la prima aliquota (quella fino a 15 mila euro) e al 26% la seconda aliquota (fino a 28 mila euro) dell’imposta sulle persone. Il costo dell’operazione sarebbe, appunto, 5 miliardi di euro. Con un obiettivo: far guadagnare fino a 400 euro l’anno in più a chi guadagna 1.200 euro al mese (25 mila euro lordi). Insomma, un aumento netto dello stipendio di quasi il 5%. Si lavora a trovare altri soldi per rendere più consistente il taglio in modo da farne sentire gli effetti in busta paga. Altre risorse potrebbero arrivare da un innalzamento dell’attuale aliquota del 20% sulle rendite finanziarie. Di quanto? Probabilmente fino al 23%, anche se gli incassi non sarebbero altissimi (circa un miliardo di euro).
IL NODO RISORSE
Il taglio delle tasse, nell’idea dei renziani, dovrà comunque essere un percorso costante. Così, per esempio, la sforbiciata più consistente dovrebbe farsi sentire nel 2015, quando ai 5 miliardi di riduzione attesi per l’anno in corso dovrebbero aggiungersi gli altri 14 miliardi circa della spending review. La sforbiciata totale, insomma, sarebbe in un bienni di una ventina di miliardi. una cifra in grado di incidere concretamente sulle buste paga dei lavoratori. Resta, tuttavia, un punto interrogativo. Molti dei soldi della spending review di Cottarelli sono già stati impegnati dal governo Letta per scongiurare il taglio orizzontale delle detrazioni fiscali del 19%. Se si vuol ridurre l’Irpef salvando anche le detrazioni sul reddito, il problema di Renzi sarà trovare altre risorse. Tra le misure allo studio c’è anche il rafforamento della lotta all’evasione con una riduzione della soglia oltre la quale scatta l’obbligo di utilizzare la moneta elettronica (oggi a mille euro). Un punto, tuttavia, sul quale dovrà necessariamente essere trovato un accordo con il Nuovo Centro Destra da sempre contrario alla stretta sul contante. Sempre sul fronte fiscale il gruppo di lavoro sul Fisco starebbe anche valutando dei meccanismi di «premio» per i contribuenti che hanno sempre pagato puntualmente le tasse e che non hanno mai ricevuto contestazioni dall’Agenzia delle Entrate o cartelle di Equitalia. Si tratterebbe, insomma, di una sorta di «premio fedeltà» per i cittadini onesti che farebbe da contrappeso all’inasprimento della lotta all’evasione per quelli disonesti. Ogni euro incassato dalla caccia a chi cerca di nascondersi dal Fisco, dovrebbe andare alla riduzione delle tasse. Un punto che tutti i governi hanno provato a fissare, ma che poi è sempre risultato annacquato con la destinazione delle risorse della lotta all’evasione a molti altri fini, a cominciare dall’equilibrio dei conti pubblici e a volte anche a spese correnti.
Tra i primi dossier fiscali dei quali dovrà occuparsi la squadra di Renzi, c’è anche quello della casa. Il governo Letta non ha emanato il decreto concordato con i Comuni per aumentare fino allo 0,8 per mille l’aliquota Tasi. I sindaci attendono il provvedimento per preparare i bilanci del 2014.