L’AQUILA «Dov’è Giovanni Lolli?» va ripetendo Luciano D’Alfonso, che più che il «futuro presidente della Regione», come l’apostrofano tutti tra un salamelecco e l’altro, pare uno di quei giovani alle prime esperienze di volantinaggio: distribuisce, fresche fresche, le brochure di «Regione ovunque», con l’ormai celebre tir stilizzato sul bianco. «Scusatemi - scherza - questo è interesse privato». E mentre cerca affannosamente Lolli (quello del famigerato «ticket» elettorale), attribuendogli anche la «téchne dell’esperienza di governo» che nell’Antica Grecia era prerogativa divina, il tir parcheggia all’interno del piazzale dell’auditorium Sericchi e dischiude le sponde, quasi come dovesse ospitare di lì a poco un dibattito. E invece no, la location è un’altra, qualche metro più in là, colma fino all’inverosimile. Parte dall’Aquila la corsa di big Luciano alle primarie del centrosinistra. Ed è un esordio col botto, se è vero, come dice tra gli applausi, che il primo atto dallo scranno più alto dell’Emiciclo sarà quello di fare una legge speciale che definisca le funzioni di L’Aquila capoluogo. Di fronte c’è la nomenklatura del Pd, manca la Pezzopane impegnata nella fiducia al Senato, Cialente arriva in lieve ritardo, ma a sorprendere è soprattutto la presenza delle categorie: ci sono i vertici dei costruttori (Frattale e Ronconi), Confindustria (Cantalini), Gran Sasso Institute (Eugenio Coccia), Università (i docenti Marinelli e Politi), imprenditori (Kihlgren). Nessun endorsement, garantisce il segretario Stefano Albano, solo un confronto voluto dal Pd su alcuni temi-chiave. Ma il rischio-adulazione è dietro l’angolo. L’Aquila, dunque. D’Alfonso spende come al solito parole ridondanti: «Qui c’è stato il rimpicciolimento dell’ente Regione rispetto ai doveri che aveva nei confronti del dolore»; «Serve una stagione nuova del patto con questa zona, martoriata dalla catastrofe» i Comuni non saranno più soli»; «Si può ancora attivare il più grande cantiere d’Europa»; «Può nascere un campo magnetico per fare dell’Aquila la città delle ricerca avanzata». Il manifesto che illustra alla platea, in tenuta casual e consueto vocione, è quello di un nuovo «regionalismo», della fine dell’epoca delle «scelte mai fatte e delle opere mai realizzate», del «minimalismo durato lunghissimi quinquenni», del «dualismo costa-aree interne che ha impedito qualsiasi passo in avanti». È l’ora, insomma, della «nettezza delle decisioni». Si sente Togliatti, big Luciano, quando fu chiamato alla «pacificazione nazionale»: «Una legge per L’Aquila può farla solo uno che ha fatto il sindaco di Pescara». Vuole concentrarsi soprattutto sul concetto di regione-comunità, piuttosto che di regione-parallelepipedo di potere. «Finora sono mancate le idee, nel biennio 2009-2010 se avessimo chiesto pettini d’argento per le Vergini di Santa Rosalia ce li avrebbero dati. E invece non si è fatta una cosa degna di memoria». Il secondo atto sarà una legge obiettivo, che fissi target a scadenza annuale, con tanto di verifica: «Io - chiude D’Alfonso - mi sento convocato nell’emozione: non mi candido a presidente dell’amministrazione regionale, ma della comunità degli abruzzesi».