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Data: 11/03/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
Detrazioni ai redditi bassi, la soglia potrebbe scendere

ROMA Saranno le detrazioni per lavoro dipendente il perno della manovra sull’Irpef che il governo punta quanto meno ad avviare nel Consiglio dei ministri di domani. La decisione finale sul pacchetto di riduzione del cuneo fiscale non è ancora stata presa, e in queste ultime ore le valutazioni politiche si affiancano a quelle più squisitamente tecniche; anche se l’orientamento di Palazzo Chigi è chiaramente per un intervento a favore delle buste paga dei lavoratori. Questo obiettivo almeno sulla carta più essere raggiunto con modalità diverse, ma lo strumento della detrazione presenta alcuni vantaggi: è più mirato, permette cioè di raggiungere direttamente i dipendenti e non altre categorie, ed è applicabile in tempi rapidi tramite i sostituti di imposta, che potrebbero ridurre le proprie trattenute già a partire dal mese di aprile.
L’OBIETTIVO DEL PREMIER
Per raggiungere l’obiettivo indicato dal premier Renzi (circa 100 euro netti al mese in più, conteggiando anche quanto già in vigore per decisione del precedente governo, fino a circa 25 mila euro l’anno di retribuzione lorda), l’attuale detrazione effettiva dovrebbe praticamente raddoppiare: per quel livello di reddito è oggi poco superiore ai 1.000 euro, arriverebbe intorno ai 2.000. Ma è possibile anche che la soglia dei beneficiari si abbassi fino ai 15 mila euro l’anno, con conseguente incremento dello sgravio. Non è del tutto esclusa la possibilità di un intervento sulle aliquote. L’idea allo studio non riguarda però le prime due, ma piuttosto la terza, quella del 38 per cento che si applica tra i 28 mila e i 55 mila euro. Il costo non appare proibitivo visto che la platea coinvolta è di circa 5 milioni di persone sul totale dei contribuenti, toccate però in maniera progressiva. L’obiettivo politico sarebbe dare un segnale anche al ceto medio, nel momento in cui i benefici sono invece concentrati sui redditi bassi.
IL CASO DEGLI INCAPIENTI
C’è infine un’altra ipotesi di lavoro, finalizzata a coinvolgere nella riforma, e auspicabilmente nel conseguente incremento dei consumi, anche i lavoratori a più basso reddito, quelli che non superano gli 8.000 euro l’anno. Si tratta di persone che hanno un lavoro a tempo parziale, oppure anche non continuo, precario: non possono godere di alcun beneficio da un riassetto dell’Irpef perché il loro imponibile è già al di sotto della soglia di esenzione di fatto e dunque l’imposta è pari a zero.
Dunque l’unico modo di dare anche a loro più soldi in busta paga, senza rivoluzionare l’attuale assetto del tributo, è mettere carico dello Stato una parte dei contributi previdenziali che devono versare, garantendo quindi un prelievo più basso ma lo stesso importo della pensione futura. Contro questa ipotesi, che pure viene valutata con attenzione, gioca la struttura del sistema previdenziale, basato ormai sul calcolo contributivo. Differenziare l’aliquota applicata per il pagamento dei contributi da quella con cui sarà calcolato il trattamento previdenziale introduce un elemento di opacità nei conti previdenziali, che potrebbe rivelarsi controproducente in futuro.

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