Non hanno aderito alla congiura delle dimissioni in blocco dei consiglieri di opposizione organizzata dal Pd e di fatto fallita ma, in una riunione con l’assessore Antonelli, hanno inviato un altolà, ieri, al sindaco Albore Mascia: «Gli abbiamo chiesto di seguire il percorso che da qui a qualche mese conduce alla fine del suo mandato limitandosi alla gestione dell’ordinario - hanno detto Maurizio Acerbo e Fausto Di Nisio -. Questo vuol dire che Mascia dovrà rinunciare a portare avanti progetti che riguardino il Pp2, il decreto sviluppo, la Duna e il nuovo teatro sull’area di risulta, e anche le nomine di progettisti e consulenti, solo per citare alcuni casi. Così come chiediamo di fermare la delibera per l’assegnazione dello stadio a privati». Delibera, questa, che già ieri avrebbe subito uno stop. Il primo cittadino uscente resta dunque in sella, ma si ritrova a capo di un’amministrazione e di una giunta ad azione limitata perché non più sostenuto dalla maggioranza.
Accusati d’aver tenuto in vita il governo cittadino per essersi rifiutati di firmare le dimissioni «che erano state concordate checché loro ne dicano» ha ribadito il Pd, Acerbo e Di Nisio hanno spiegato d’aver frenato per non prestarsi a un blitz «che avrebbe determinato l’insediamento del commissario prefettizio, il quale, a fronte della situazione finanziaria fortemente precaria dell’ente, sarebbe intervenuto sui tributi senza tenere in considerazione scelte e situazioni che è compito della politica gestire e controllare. In altre parole - ha spiegato Acerbo - ho temuto un aumento indiscriminato di tasse e questo mi ha fatto desistere». Tema ripreso da Di Nisio: «La gravissima situazione di cassa in Comune non costituisce motivazione sufficiente, e non lo dico solo io, per giustificare dimissioni di massa per mandare a casa l’amministrazione. Saranno i pescaresi a bocciare o a promuovere quanto fatto da Mascia». Altro fattore che ha frenato la riuscita del “golpe” era legato al temuto rinvio delle elezioni di sei mesi o anche di un anno, scenario che ha insinuato in Di Nisio e Acerbo il dubbio che fossero pedine inconsapevoli di una strategia politica pensata e voluta da D’Alfonso. Autorevoli esperti interpellati dal centrosinistra hanno però fatto chiarezza, così come la prefettura: il voto per le amministrative a Pescara ci sarà il 25 maggio come previsto, anche in caso di caduta anticipata di Mascia. La maggioranza dovrà dare risposta ad horas alle condizioni dettate da Acerbo e Di Nisio ma un primo effetto c’è già stato: il consiglio comunale di ieri è saltato.
«Si va verso il dissesto la Giunta va fermata»
Per D’Angelo, Pd servono 56 milioni per sistemare i conti
L’aveva detto una settimana fa e lo ha ribadito ieri, Camillo D’Angelo, con numeri aggiornati presi dai rilievi della Corte dei conti e dalla nota del collegio dei revisori dei conti: «Il Comune corre verso un potenziale dissesto finanziario che avrà ripercussioni gravissime sui cittadini, ecco perché bisogna subito far cadere l’amministrazione Mascia». Parole che l’esponente del Pd ha pronunciato al suo fianco di Di Pietrantonio, Di Iacovo, Sulpizio, Ranieri, Pignoli, Del Vecchio, Marchegiani, Balducci e Fusilli.
Ammonta ad oltre 56 milioni, secondo D’Angelo, la somma necessaria a ricostruire una situazione di normalità a Palazzo di città. Una cifra pazzesca, che in parte coincide con quanto esposto dai revisori dei conti e nella quale D’Angelo evidenzia i circa 25 milioni per spese correnti, cioè acqua, luce, gas, Attiva, Deco e altre voci di pagamento giacenti a suo dire nell’ufficio Ragioneria. Quattro milioni sono per mancati pagamenti per le opere pubbliche in corso di realizzazione, 15 milioni e 763mila sono fondi relativi a entrate vincolate e utilizzati però per altre finalità, spiega ancora il consigliere del Pd, e ci sono infine oltre 5 milioni di fondi per mutui e pignoramenti e quasi sei milioni di anticipazione di cassa al 10 marzo scorso. Ciò significa che il residuo di anticipazione è inferiore ai tre milioni: «Se è vero che i due milioni e mezzo per pagare gli stipendi dell’ente sono stati accantonati, come dice la ragioneria comunale, è anche vero che dal mese prossimo gli stipendi saranno a rischio dal momento che non sono previste altre entrate e che la Tares sta rivelando un buco di oltre sette milioni». D’Angelo si è tolto infine un sassolino dalla scarpa: «Nel 2009 da vicesindaco ho lasciato in cassa 18 milioni alla nuova amministrazione, che pure arrivò a sostenere che c’era un ammanco di sei milioni. Oggi, se non si corre subito ai ripari, Mascia lascerà una voragine in eredità. Il nostro timore è che sotto elezioni continuerà a spendere per i cantieri, penso alla Duna o anche alla nuova rotatoria di piazza Unione, e anche per incarichi progettuali per opere previste nel 2016. Dunque va fermato subito - ha concluso D’Angelo - o non oso pensare a quante tasse che ci vorranno per ripianare il debito. Tasse per colpa del centrodestra, sia chiaro». Così Ranieri: «L’assessore Filippello sta predisponendo il regolamento della Iuc, imposta unica comunale che sarà molto più pesante della Tares».