Al mattino l’isolamento di Daniela Morgante, assessore al Bilancio, di fatto corretta da Giovanni Legnini, sottosegretario alla presidenza del Consiglio sulle ricette del Bilancio e del Salva Roma. Al pomeriggio la caduta del muro di Marino che dice sì alle liberalizzazioni. Con la Morgante scura in volto, a lungo in piedi nell’aula Giulio Cesare.
IL VERTICE
Partiamo dal mattino, ore 8.20, riunione della cabina di regia sul piano di rientro, con il sindaco, alcuni assessori e i parlamentari del Pd, Melilli e Causi. L’assessore al Bilancio, Daniela Morgante, che in consiglio comunale non prenderà neppure la parola, si presenta con il suo stile rigoroso: «Dobbiamo tagliare altri 300 milioni di euro». Ma Giovanni Legnini, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, spiega che bisogna volare più alto, che la politica deve sapere andare oltre alla fotografia ragionieristica e che il Salva Roma offre molte opportunità. «Roma diventi capofila, un esempio di revisione integrale della spesa pubblica e recupero di efficienza dei servizi, sul fronte della partecipate e dei costi standard». Melilli e Causi gli danno man forte, figuriamoci l’assessore Guido Improta che con la Morgante si è scontrato assai spesso. Il sindaco capisce che lo stile Morgante, in piena emergenza, non porta da nessuna parte. Ormai lei è sempre più isolata, ma è come quegli allenatori di calcio che il presidente non può sostituire perché ha il contratto blindato. Ma la panchina traballa. E nel Pd lo dicono chiaramente: lei vuole fare i tagli lineari, così non va.
IL DIBATTITO
Consiglio comunale, poco dopo pranzo. La Morgante resta in silenzio, grigio il taileur, girgio il volto. Parla il sindaco: per le municipalizzate serviranno fusioni, incorporazioni, nuovi partner pubblici e privati. In sintesi: liberalizzazioni. Il Salva Roma chiede anche questo e ieri, nel lungo intervento che ha aperto il consiglio comunale sull’emergenza bilancio, ha pronunciato parole che fino a qualche mese fa per lui - e per la maggioranza - sembravano tabù. In fondo è ciò che aveva proposto, anche la senatrice Linda Lanzillotta di Scelta Civica, con una serie di emendamenti contrastati dal Pd. E se la Morgante si è ritrovata isolata, al pomeriggio si è avvertito anche una sorta di esclusione degli assessori, rimasti ad ascoltare in silenzio. Così agli atti resta l’intervento di Marino, che ha il sapore di un discorso di insediamento, non è l’analisi di chi dopo dieci mesi dovrebbe dire cosa fare. Nessuno si aspetta le slide alla Renzi, ma che quanto meno nelle 4.658 parole usate ci siano meno massimi sistemi e più interventi pratici. Il sindaco si impegna ad approvare il bilancio entro il 30 aprile (ma ancora non c’è stato neppure il passaggio in giunta). Mette in fila i problemi ereditati, a partire dal buco nero delle municipalizzate. Esempi: «A Risorse per Roma nel secondo trimestre del 2013 il costo del personale dipendente è aumentato di oltre mezzo milione di euro. All’Ama nel 2010, a fronte dell’uscita di 137 dipendenti si è proceduto all’assunzione di 777 unità di personale». E promette: «Con la centrale unisca d’acquisti, anche per le aziende del gruppo Roma Capitale, si risparmieranno 50-60 milioni di euro».