I due consiglieri non firmano le dimissioni per fare cadere il sindaco: un commissario esterno adesso creerebbe solo danni
PESCARA Hanno tentennato fino all’ultimo momento utile. Hanno esaminato conseguenze amministrative, strascichi politici e possibili contraccolpi sui rapporti interpersonali all’interno della coalizione di centrosinistra. Si sono sbilanciati, prima da una parte e poi dall’altra. Infine, sono tornati sui propri passi e hanno deciso di non firmare le dimissioni per far decadere il sindaco Luigi Albore Mascia e i suoi assessori a poco più di due mesi dalle elezioni comunali. Maurizio Acerbo (Rifondazione comunista) e Fausto Di Nisio (indipendente), ieri pomeriggio, di comune accordo, hanno scelto di non andare a bussare alla porta del notaio Massimo D’Ambrosio, dove giovedì scorso erano state depositate le altre 20 firme dei consiglieri comunali dimissionari di Pd, Udc, Fli, Liberali per Pescara e Centro democratico. Non è bastato il parere del ministero dell’Interno sulla data del voto, confermata al 25 maggio prossimo, e non tra un anno come era stato inizialmente paventato da qualcuno. Nell’ultimo giorno utile prima dell’annullamento dell’atto notarile, Albore Mascia salva per un solo nominativo la sua amministrazione, ma allo stesso tempo si ritrova a fare i conti con una nuova ed eterogenea maggioranza, che in questo scorcio di consiliatura gli chiede ragione degli impegni di spesa assunti e lo invita a congelare delibere, provvedimenti dirigenziali e cantieri non condivisi. Come se non bastasse, ieri anche il capogruppo di Pescara futura Carlo Masci ha annunciato polemicamente sulla sua bacheca Facebook (si legga l’articolo nella pagina successiva) la volontà di chiudere tra oggi e domani la sua esperienza tra i banchi del consiglio comunale «non per i contrasti con questa amministrazione», ha scritto, «ma perché non voglio rimanere un minuto di più insieme ai transfughi, ai voltagabbana e agli approfittatori dell'ultima ora». In attesa di conoscere la posizione ufficiale del primo cittadino e degli altri assessori rimasti in giunta dopo l’esodo dell’Udc – al momento ci sono stati due incontri tra l’opposizione e l’assessore alla gestione del territorio Marcello Antonelli, poiché il sindaco è fuori Pescara – i consiglieri Acerbo e Di Nisio provano a dettare le condizioni per continuare ad amministrare la città e chiedono all’esecutivo di prendere atto della crisi politica e firmare un impegno condiviso. «Andiamo avanti su questo percorso di alto commissariamento», ha spiegato l’indipendente Di Nisio, «abbiamo messo per iscritto le proposte emerse dalla conferenza dei capigruppo e le abbiamo presentate ad Antonelli in modo da avere delle garanzie formali. In questo momento consideriamo conclusa l’esperienza politica di Mascia, ma allo stesso tempo non ci siamo sentiti di consegnare la città a un commissario esterno che non conosce la situazione socio-economica di Pescara e quindi creerebbe soltanto danni alla popolazione con il rischio di un aumento indiscriminato della tassazione. Guardiamo solo all’interesse dei cittadini: questo non è un governo delle larghe intese poiché non c’è nulla da amministrare, fatta eccezione per le scadenze improrogabili». La situazione di «potenziale dissesto finanziario», sbandierata lunedì scorso dall’opposizione sulla base della relazione della Corte dei conti, e i 56 milioni di euro necessari per ricostruire la sofferenza strutturale delle casse dell’ente pubblico, secondo Di Nisio «non sono sufficienti a giustificare il tentativo di far cadere l’amministrazione a meno di due mesi dalle elezioni, facendo abdicare la politica a favore di un tecnocrate». «La sfiducia al sindaco», rimarca, «doveva essere ratificata mediante un dibattito pubblico nei giorni precedenti l’approvazione del bilancio di previsione. Quella è stata un’occasione persa poiché non dovevamo permettere a Mascia di approvarlo».