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Data: 20/03/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
Berlusconi autosospeso dal titolo di Cavaliere «Ma resto in campo». Fine di un’era: il Cav non è più cav, costretto a rinunciare pure al titolo

ROMA Silvio Berlusconi ieri ha rinunciato, autosospendendosi, al titolo di Cavaliere. Poi ha anche deciso che non si candiderà alle europee nel senso che il suo nome sarà nel simbolo con cui Forza Italia correrà alle elezioni europee, ma non sarà nelle liste. Dopo la conferma dell’interdizione da parte della Cassazione, il Cavaliere ha ripiegato su un’altra strategia. Che, al contrario di quanto affermato sin qui, coinvolgerà direttamente i parlamentari nazionali. Un linea che ieri mattina ha cominciato a prendere forma nel lungo pranzo di lavoro, a Palazzo Grazioli, con la commissione ad hoc voluta dallo stesso Cavaliere e composta da Renato Brunetta, Paolo Romani, Raffaele Baldassarre, Denis Verdini e Giovani Toti.
Venuta meno la chance del traino del nome di Berlusconi in cima a ogni lista, si è ripiegato per una distribuzione dei big su tutto il territorio, a garanzia della tenuta dei voti. A cominciare dal pugliese Raffaele Fitto che dovrebbe guidare FI nella circoscrizione Sud e che, ancora scottato dall’esclusione dall’inner circle forzista in favore del consigliere politico Toti, è pronto alla conta interna sulla base dei risultati elettorali. Proprio per evitare questo redde rationem, il Cavaliere avrebbe preferito ci fossero altri volti a correre per Bruxelles. Ma la competizione, la prima senza la sua presenza in campo, è troppo importante per rischiare, anche se ieri Berlusconi sarebbe stato sconsigliato dal puntare sull’ex falco, sia da Romani, sia dal vicepresidente della Commissione europea Antonio Tajani. Che, è certo, sarà capolista nella circoscrizione centro.
SOSPETTI INCROCIATI

E se la circoscrizione Nord-Est dovrebbe essere guidata dal capogruppo a Montecitorio Brunetta, da Palazzo Madama si fanno più insistenti le voci di un imminente ritorno in Forza Italia di Giulio Tremonti che potrebbe avere un posto nella stessa lista capeggiata dal suo storico rivale. Un’operazione guardata con sospetto da metà del partito, ma utile per arginare l’antieuropeismo grillino con gli argomenti dell’ex ministro assai critico verso la moneta unica. Ancora da definire il nome da spendere nella circoscrizione isole: escluso l’uscente Salvatore Iacolino, non abbastanza solido da garantire il risultato, si è fatto il nome di Saverio Romano (che però non intenderebbe accettare) ed è molto probabile che il capolista alla fine sarà Gianfranco Miccichè, forte del suo ruolo di coordinatore siciliano. Ma il vero battesimo del fuoco sarà quello di Giovanni Toti, che sarà il volto della lista nella circoscrizione Nord-Ovest. In cui, però, sembra essere scomparsa la candidatura di Claudio Scajola. «Bisogna che ci spieghino perché», dicevano ieri fonti forziste. Il diretto interessato è già in piena campagna elettorale, e sabato sarà a La Spezia agli stati generali di FI, insieme con le uscenti Lara Comi e Licia Ronzulli. E, in effetti, una volta risolti positivamente i suoi guai giudiziari, appare inspiegabile la sua esclusione, soprattutto visto i sondaggi secondo cui porterebbe una ricca dote di voti allo stesso Toti.
QUADRA DIFFICILE

La quadra tra le varie anime del partito è evidentemente difficile da trovare, come dimostrava la nota diffusa da Forza Italia ieri sera: «Nessuna decisione è stata presa in merito alle candidature». Le carte, dunque, restano coperte per ora. Mentre sarebbe tramontata, invece, l’ipotesi della candidatura di Barbara Berlusconi considerata «non risolutiva» in tutte le circoscrizioni. «Berlusconi sarà lo stesso in campo. Per il resto, ci adegueremo a quello che dicono le leggi», ha dichiarato Toti ieri, confermando quanto annunciato già dalla vicepresidente dei deputati forzisti, Mariastella Gelmini: «Nel simbolo di Forza Italia ci sarà il nome di Berlusconi». Una questione che il Cavaliere affronterà oggi insieme con il responsabile elezioni del partito, Ignazio Abrignani. Mentre i suoi uomini a Palazzo Madama potrebbero ritirare l’appoggio alle norme sulle quote rosa, da varare in extremis per le europee. E che rischiano di complicare ulteriormente il quadro.

Fine di un’era: il Cav non è più cav, costretto a rinunciare pure al titolo

ROMA Fu lui stesso, alla metà degli anni '70, a sponsorizzare la propria candidatura a cavaliere con una lettera scritta di suo pugno, nella quale si definiva uomo di solida cultura, eccezionale carica umana e proverbiale riservatezza». Poco dopo, nel '77, il presidente della Repubblica, Giovanni Leone, gli avrebbe concesso il sospirato onore in virtù dei suoi successi imprenditoriali nel campo dell'edilizia e della televisione. Ma ora, il Cavaliere non è piu cavaliere.
Silvio Berlusconi è stato il Cavaliere con la maiuscola. Era talmente Cavaliere che fino a ieri pomeriggio bastava l'abbreviazione per identificarlo: Cav. E forse, nonostante si sia dimesso da cavaliere prima che gli altri cavalieri dell'associazione dei cavalieri lo dimettessero a causa della condanna ricevuta, resterà per sempre il Cavaliere - anche se gli avversari lo chiameranno, come da titolo del libro di Italo Calvino, Il cavaliere inesistente - nell'immaginario collettivo. Ma il colpo ricevuto da Berlusconi, anzi auto-inferto ma per evitare che venisse dichiarato decaduto come gli è capitato per la carica di senatore, è di quelli a loro modo storici. C'è un magnifico film, Totò e Carolina, soggetto di Ennio Flaiano e regia di Mario Monicelli, in cui il De Curtis - che dei cavalieri come figure dell'Italia grandiosa e insieme minuta si è sempre fatto beffa - costruisce con il pane una statua. Che poi però si sgretola. Ecco, ieri si è sgretolata la statua equestre del Cav, mentre la corte del Cavaliere - il gruppo dei suoi dignitari di sempre - si è già da tempo sgretolata e l'ultimo abbandono, quello della storica segretaria Marinella, è il simbolo di questo passaggio d'epoca.
IL SEGNO DEL MARTIRIO

La privazione del titolo di cavaliere ha per Berlusconi il significato, dolorosissimo, della spada tolta e spezzata sotto il suo naso, e davanti al suo reggimento, al capitano Dreyfus, protagonista dell'omonimo e celeberrimo caso nella Francia di fine '800. È una ferita nell'orgoglio, ma può essere mediaticamente sfruttabile così l'ultima vicenda di Silvio: non fanno che accanirsi contro di me, sono il martire per eccellenza, mi hanno tolto tutto quello che ho conquistato prima di fare politica. È come se a Giuseppe Garibaldi avessero tolto la barba. Ma lui, il Cavaliere, non poteva correre il rischio di subire una decadenza bis, dopo quella dal Senato, e a differenza di allora ha giocato di anticipo con l'auto-rinuncia. Ha evitato di finire come Callisto Tanzi, a cui la condanna per Parmalat costò l'espulsione dall'associazione dei cavalieri. Tra i quali, in questo caso, il più deciso nel chiedere il depennamento del Cavaliere pare che sia l'industriale Pietro Marzotto. Di fatto, su Wikipedia, la voce che lo riguarda comincia così: «Silvio Berlusconi, politico e imprenditore italiano, detto il Cavaliere». Ma adesso bisognerà correggere l'incipit. E bisognerà vedere l'effetto che fa, nel Paese abituato a chiamare Berlusconi il Cavaliere, pensare a lui chiamandolo ex Cav. A meno che questa rinuncia all'onorificenza, come spera Berlusconi, non si riveli una privazione che rafforza il titolo. Il filosofo Mario Tronti, marxista e neo-democrat, ha detto tempo fa: «Il problema non è il Cavaliere, è il cavallo». Ora che non c'è più il cavalier Berlusconi, il cavallo Italia si sentirà più leggero?

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