ROMA Fare prima e magari fare anche di più sulle privatizzazioni rispetto al piano Letta-Saccomanni. È questo il senso dell’accelerazione sulle dismissioni da parte del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. I proventi che il governo riuscirà a incassare andranno tutti a riduzione del debito pubblico.
Un nuovo piano è già in cottura. Nel menù restano tutte le nove società che facevano parte del dossier varato dal precedente esecutivo, ovvero Poste, Enav Eni, Stm, Sace, Fincantieri, Cdp Reti, Tag, Grandi Stazioni. Ma non è escluso che ne possano entrare anche altre. Padoan ha ricordato che il governo è azionista di controllo di oltre 30 società ed è azionista di riferimento di società in molti comparti, in alcuni dei quali «c’è spazio per un ruolo ridotto per il pubblico».
Già una decina di giorni fa, durante un’audizione alla Camera, il viceministrro dell’Economia, Enrico Morando, aveva annunciato l’intenzione del governo Renzi di «riaprire una stagione lunga di valorizzazione, alienazione, privatizzazione del patrimonio pubblico». Morando aveva parlato di «un piano di rilancio», di «un disegno che si svilupperà in più anni, almeno per tutto l’arco della legislatura». I dettagli dovrebbero arrivare a breve con il Def, il documento di economia e finanza che il governo dovrebbe presentare entro fine mese o al più tardi a inizio aprile.
IL PRIMO ROUND
Poste e Enav (ente nazionale di assistenza al volo) sono già in pista. In entrambi i casi verranno cedute solo quote di minoranza: il 40% per Poste e il 49% per Enav. Il controllo delle due società quindi rimarrà in mano pubblica. Complessivamente il Tesoro dalle due operazioni dovrebbe incassare tra i 5 e i 6 miliardi di euro (4-4,8 per Poste; 1 miliardo per Enav). Tutte e due le operazioni dovrebbero andare in porto entro la fine dell’anno, forse anche prima. Proprio ieri la commissione Lavori Pubblici del Senato ha dato parere favorevole alla dismissione di Enav.
Nel primo round dovrebbe entrare anche il 3% di Eni e Stm, il gruppo leader mondiale nel mercato dei semiconduttori, partecipato indirettamente dal Tesoro tramite la StMicroelectronics Holding di cui ha il 50%. Con le dismissioni delle quote di questi altri due gioielli, il bottino di questa prima fase dovrebbe arrivare a 8-9 miliardi. Poi ci sono - come ha ricordato Padoan - le «controllate da Ferrovie delle Stato e da Cdp». Nel primo caso nella lista di Letta c’è già Grandi Stazioni (60% Fs, 40% Eurostazioni). Ora potrebbero entrare anche Centostazioni (anch’essa controllata al 60% da Fs) e Trenitalia. Per quanto riguarda Cdp sulla rampa di lancio ci sono Fincantieri (lo sbarco sul mercato è atteso prima dell’estate), Sace e Cdp Reti.