ROMA Un credito d’imposta, una sorta di bonus, che sarà riconosciuto direttamente dal datore di lavoro in busta paga. A meno di novità dell’ultimo minuto, dovrebbe essere questa la formula scelta per assicurare ai lavoratori dipendenti l’aumento in busta paga di 80 euro al mese. Aumento che per quest’anno verrà corrisposto in pieno a chi ha un reddito compreso tra i 17.700 e i 24.500 euro, mentre al di sopra di questa soglia si ridurrà fino ad azzerarsi a 28.000 e per le fasce retributive più basse sarà applicato in percentuale del 3,5 al reddito.
LE INCOGNITE
Come promesso dal presidente del Consiglio, la novità sarà operativa dal prossimo mese di maggio e riguarderà anche coloro (gli incapienti) che avendo un reddito basso non versano l’imposta e dunque non avrebbero beneficiato di un incremento delle detrazioni. Nel caso in cui in corso d’anno emerga che un lavoratore non ha più diritto al credito d’imposta (ad esempio perché ha avuto un aumento di stipendio) l’interessato sarà tenuto a dichiararlo e le somme corrisposte verranno recuperato entro la fase del conguaglio. Qualora invece il bonus non sia stato riconosciuto in tutto o in parte dal sostituto d’imposta, il dipendente potrà comunque recuperarlo in sede di dichiarazione dei redditi. La formula del credito d’imposta sarebbe confermata anche nel 2015, con importi maggiorati in proporzione al fatto che il beneficio verrà applicato per tutti i dodici mesi invece che per soli otto. L’incremento proporzionale al reddito sarà del 5 per cento, applicato fino alla soglia dei 19.000 euro annui: al di sopra di questa soglia il bonus arriverà a 950 euro per un anno, cioè appunto circa 80 al mese.
Nelle pieghe del testo però c’è anche una sorpresa potenzialmente non piacevole proprio per i dipendenti a basso reddito, ed in particolare quelli che lavorano con un contratto a termine o comunque non continuativamente. L’ammontare delle detrazioni viene infatti completamente rapportato al periodo di lavoro, con la cancellazione dell’importo minimo annuo. Di conseguenza questi dipendenti precari con le nuove regole potrebbero avere un’imposta maggiore, nonostante il beneficio del nuovo bonus.
LE AGEVOLAZIONI DELLE COOP
Nel provvedimento, che comunque potrebbe essere modificato fino all’ultimo momento, figurano anche la riduzione dell’Irap per le imprese, parziale nel 2014 e poi piena dall’anno successivo, e l’incremento dal 20 al 26 per cento - a partire dal primo luglio - della tassazione sulle rendite finanziarie escluse quelle relative ai titoli di Stato. Per l’Irap la soluzione scelta è la riduzione dell’aliquota: quella base del 3,9 per cento scenderà al 3,75 quest’anno e al 3,5 nel 2015. Le altre aliquote sono ridotte in proporzione, a regime di circa il 10 per cento. Quanto alle rendite finanziarie, il passaggio dal 20 al 26 in corso d’anno pone qualche problema di transizione: per questo è stata prevista anche la possibilità di optare per il calcolo delle plusvalenze rispetto al valore al 30 giugno, invece che al prezzo di acquisto, pagando un’imposta sostitutiva del 20 per cento. Nelle bozze preliminari non figurava l’annunciato incremento della tassazione delle plusvalenze realizzate dalla banche con la rivalutazione delle quote nel capitale della Banca d’Italia (che dovrebbe fruttare 1,4 miliardi). È invece presente una stretta contro alcune agevolazioni, come quelle godute dalle cooperative, mentre verrebbe ripristinata l’Imu sugli immobili strumentali agricoli, cancellata dal governo Letta.