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Data: 01/09/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
Conti, tensione tra Berlino e Bce. Merkel: il rigore che fine ha fatto?. Lo Spiegel e la telefonata della cancelliera a Draghi: «Spieghi se ha cambiato idea». Renzi, nuovo messaggio alla Ue: l’Italia svolta con i “mille giorni”

BRUXELLES A pochi giorni da una riunione cruciale della Banca Centrale Europea, il suo presidente Mario Draghi sembra scontrarsi con l'opposizione della Germania sul suo piano per rilanciare la crescita nella zona euro. Secondo il settimanale Der Spiegel, la cancelliera tedesca, Angela Merkel, e il suo ministro delle Finanze, Wolfang Schaeuble, avrebbero chiamato Draghi per chiedere chiarimenti sul discorso al forum dei banchieri centrali di Jackson Hole del 22 agosto, con cui il presidente della Bce ha lanciato un appello ad allentare l'austerità per uscire dalla spirale stagnazione-deflazione in cui rischia di cadere la zona euro.
I mercati si aspettano che giovedì prossimo il Consiglio dei governatori della Bce annunci nuove misure straordinarie per alleviare i rischi che pesano sull'economia europea, in particolare attraverso un programma di Quantitative Easing (acquisto di titoli pubblici e privati) simile a quello condotto dalla Federal Reserve. Ma la prospettiva di uno scontro con la Germania potrebbe complicare le decisioni. Secondo lo Spiegel, Merkel sarebbe irritata dal discorso di Jackson Hole e avrebbe chiamato Draghi per chiedergli se la Bce ha deciso di cambiare posizione sull'austerità nella zona euro. Il presidente dell'Eurotower si sarebbe difeso ricordando alla cancelliera di aver chiesto ai paesi in difficoltà di adottare riforme strutturali dolorose.
LA CORREZIONE
Il governo tedesco e la Bce hanno smentito il settimanale tedesco. Per il portavoce di Merkel, Steffen Seibert, la ricostruzione dello Spiegel della telefonata non corrisponde «in nessun modo ai fatti». Per un portavoce della Bce, è «inaccurata». Fonti vicine all'Eurotower spiegano che il colloquio tra la cancelliera e Draghi è avvenuto «in termini assolutamente normali», incentrandosi sui quattro punti sollevati a Jackson Hole. Leggendo attentamente i passaggi del discorso, la linea ufficiale è cambiata di poco. Se Draghi ha chiesto di usare la flessibilità prevista dalle regole per permettere alla politica fiscale di giocare un ruolo maggiore al fianco della politica monetaria e facilitare le riforme, il presidente della Bce ha anche parlato di misure «neutrali» per i bilanci nazionali: per avere effetti «nel breve periodo», occorre «abbassare le tasse» e «tagliare la spesa» pubblica, ha detto Draghi. Ma il suo discorso è stato interpretato come una svolta analoga a quella di Londra nel luglio 2012, quanto riuscì ad allentare la pressione dei mercati sui paesi in difficoltà promettendo di «fare tutto il necessario» per salvare la moneta unica.
L'irritazione di Berlino è evidente nelle dichiarazioni pubbliche di Schaeuble. Secondo il ministro delle Finanze tedesco, i paesi che sono stati costretti a risanare i conti e adottare riforme strutturali in cambio degli aiuti finanziari – Irlanda, Spagna, Portogallo e Grecia – «stanno facendo molto meglio di tutti gli altri in Europa. Così funziona con una medicina: a volte ha un sapore amaro per un po', ma alla fine fa bene alla salute», ha detto Schaeuble. La scorsa settimana, il ministro delle Finanze di Berlino aveva preso le distanze dalla politica monetaria della Bce, spiegando che «la liquidità nei mercati non è troppo bassa, ma troppo alta». Draghi, che oggi incontrerà il presidente francese François Hollande, subisce anche la pressione dei paesi del Sud. «La politica monetaria ha iniziato a cambiare» con il pacchetto di misure annunciate in giugno, ha detto ieri il primo ministro francese, Manuel Valls. Ma la Bce «dovrà andare oltre», ha avvertito Valls.

Renzi, nuovo messaggio alla Ue: l’Italia svolta con i “mille giorni”

ROMA «Mille giorni in cui a giocarsi tutto è il Paese e non io». Una nuova sferzata Matteo Renzi è pronto a darla oggi quando da Palazzo Chigi metterà una dietro l’altra le cose urgenti da fare nei prossimi mesi. Mille giorni per cambiare e dare all’Europa la conferma che dell’Italia ci si può fidare e che intende rispettare gli impegni al pari della Merkel, che con un «te l’avevo promesso», sabato sera, aveva risposto al «grazie» di Renzi per il via libera alla Mogherini. E che molto si debba ancora sistemare nel rapporto con la Germania lo dimostra la telefonata che la Cancelliera avrebbe fatto a Draghi dietro pressione del falco Schauble, per avere chiarimenti ulteriori sulle parole usate dallo stesso presidente della Bce nel discorso di Jackson Hole, dove il governatore aveva messo sul piatto interventi «non convenzionali» a supporto dell’economia europea per aiutare i paesi che attuano riforme incisive. «Io parlo con la Merkel», ha risposto di recente Renzi, dopo parole non tenere del ministro delle Finanze tedesche, ed è probabile che così continuerà a fare pur essendo a conoscenza delle difficoltà interne che ha la Cancelliera.
IL DOPPIO TAVOLO

Sui due tavoli, quello europeo e quello interno, Renzi ha iniziato a giocare da subito, non esasperando mai i toni con la Merkel, tenendo stretto il rapporto con il presidente francese Hollande e ripetendo in ogni capitale visitata che l’Italia le riforme deve farle, non perché le chiedono Bruxelles o Berlino. È per questo che il presidente del Consiglio pensa che occorra tener alta l’asticella in un Paese fatto di lobby e di corporazioni, di rendite e di riforme evocate, sempre per “gli altri”, però e mai per se stessi. Un programma per i mille giorni, con tanto di sito dove consultare ciò che «passo dopo passo» farà il governo. Provvedimenti noti, emergenze più volte evocate e non solo da questo governo. Anche da coloro che sono sempre pronti a chiedere “ben altro” e che così hanno fatto anche un mese e mezzo fa, quando la nomina di Federica Mogherini a lady Pesc sembrava lontana e a Renzi si imputava di non avere nomi di riserva o deleghe diverse da chiedere a Juncker.
Dopo un frenetico e un po’ caotico avvio, oggi Renzi metterà ordine nelle priorità continuando il ragionamento fatto, con tanto di slide, dopo il Consiglio dei ministri del 30 agosto. Qualche sassolino intende però levarselo, specie dopo il Consiglio europeo di sabato e nei confronti non tanto di coloro che apertamente si oppongono a questa o quella riforma, quanto nei confronti di coloro che definisce «resistenti passivi». Ovvero di coloro che chiedono di fare presto, di attuare le riforme, salvo poi minarle contestando priorità, metodo o, come accaduto in occasione della riforma che pone fine al bicameralismo o alla riforma della giustizia, di «lesioni delle garanzie democratiche».
È per questo che l’appuntamento di oggi ha un significato politico, più che di novità dei contenuti. Per Renzi da picconare, mettendo in fila le cose da fare, è soprattutto il metodo di analisi delle urgenze del Paese «perché - ripete spesso il presidente del Consiglio - in Europa i dubbi non li hanno sulla mia volontà di cambiare, quanto sulla disponibilità delle élites del Paese di condividere un radicale mutamento di passo senza il quale l’Italia è destinata ad affondare». Il premier è consapevole di aver sommato più di un nemico in questi sei mesi di governo. Il taglio delle maxi retribuzioni a 240 mila euro, l’archiviazione del metodo concertativo, alcune riforme attuate, seppur in parte, come quella dell’avvocatura dello Stato e della pubblica amministrazione, la stessa ridefinizione delle competenze del Senato, hanno stratificato mugugni fortissimi solo in parte emersi ma non meno forti.
Il richiamo alla collaborazione di tutti che farà Renzi oggi va oltre il recinto della sua maggioranza e coinvolge non solo Forza Italia, interessata alla riforme istituzionali, ma anche il Movimento 5Stelle e le sinistre di Vendola e Migliore. Un appello alla coesione nazionale e a lavorare insieme nel Millegiorni che il governo ha davanti in linea a quanto più volte sollecitato dal Capo dello Stato. Dopo lo Sblocca Italia e i 43 miliardi messi a disposizione, toccherà in settimana alla riforma della scuola. Entro l’anno poi arriverà anche il jobs act. Cambiare il Paese e «scardinare il sistema» per tornare ad essere rispettati in Europa. Un messaggio che Renzi invia al Paese, stavolta senza effetti speciali e gelati, ma passo dopo passo senza strappi e senza pensare che a pagare siano sempre «i soliti noti». Confindustria e sindacati sono avvisati.

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