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Data: 02/09/2014
Testata giornalistica: Il Centro
Duemila partecipate da eliminare. Cottarelli: «Troppa basse le tariffe del trasporto pubblico, vanno aumentate»

ROMA Mezzo miliardo, forse anche qualcosa di più, di risparmi e 2.000 partecipate pubbliche in meno. È la prospettiva indicata ieri dal commissario alla spending review Carlo Cottarelli. Il commissario ha ribadito nel corso di una conferenza stampa che la legge di stabilità è di fatto il provvedimento più adatto per gli interventi di revisione della spesa, compresa la razionalizzazione delle partecipate, che l’anno prossimo, grazie anche a precisi controlli e sanzioni, potrebbero essere sfoltite di almeno un quarto (2.000 su circa 8.000), con un risparmio possibile di 500-600 milioni di euro. Il piano di razionalizzazione delle partecipate pubbliche avverrà - ha aggiunto - attraverso un percorso che prevede «specifici controlli e anche sanzioni» per chi non lo rispetta. Poi l’affondo sulle società di trasporto pubblico: «Le tariffe degli abbonamenti al trasporto pubblico locale in Italia sono più basse di quelle degli altri Paesi europei» e quindi «dovrebbero essere innalzate» prevedendo «che parte di questi risparmi vada ad un miglioramento della qualità dei servizi». La razionalizzazione delle società a capitale più o meno pubblico a cui sta lavorando Cottarelli, sembra una goccia nel mare in una manovra che - a spanne - potrebbe valere circa 20 miliardi di euro, ma rappresenta comunque un primo tassello. Solo il rinnovo del bonus Irpef costerebbe infatti 10 miliardi di euro, di cui circa 3 in realtà già identificati e resi strutturali dalla spending review di quest’anno. Ma se si volesse veramente allargare la platea dei beneficiari (idea che ieri il premier ha rilanciato nonostante la marcia indietro di meno di un mese fa) il conto salirebbe. Ad inizio agosto, alla luce dei dati sul Pil del secondo trimestre, periodo in cui l’Italia è tornata drammaticamente in recessione, il presidente del Consiglio aveva ammesso che sarebbe stato molto difficile mantenere la promessa di concedere il bonus anche a 4 milioni di incapienti e alle partite Iva, soprattutto volendo rispettare il tetto del 3%, giudicato dallo stesso Renzi intoccabile. Solo gli incapienti costerebbero 1,5-2 miliardi, ma una delle opzioni che peserebbe meno sui conti pubblici sarebbe quella di introdurre una sorta di quoziente familiare, estendendo il bonus alle famiglie numerose, con un tetto di reddito massimo intorno ai 50.000 euro. L’operazione, di cui si discusse in Senato nella conversione del dl Irpef, richiederebbe circa 300 milioni di euro, cifra decisamente più affrontabile.

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