ROMA Mezzo miliardo o poco più di risparmi nel 2015, con la chiusura di circa 2.000 partecipate degli enti locali. Carlo Cottarelli ha spiegato ieri gli obiettivi del suo piano per «disboscare la giungla» delle società pubbliche, che dovrebbe confluire nella legge di Stabilità. Cinquecento milioni sono solo una piccola parte dei 17 miliardi preventivati per l’anno prossimo dalla spending review complessiva: eppure anche questo compito non si presenta facile, per le prevedibili resistenze di cui lo stesso commissario alla revisione della spesa si rende conto.
In tre-quattro anni, il numero complessivo delle partecipate dovrebbe scendere da 8 mila a 1.000, più o meno quante ce ne sono in Francia, con un risparmio complessivo di 2-3 miliardi. Il punto di partenza è però con tutta probabilità più elevato, perché in base alle informazioni estratte da varie banche dati le società in questione potrebbero essere oltre diecimila.
I risparmi dovrebbero derivare prevalentemente dalle chiusure, ma ci sono anche per recuperare efficienza nella gestione delle strutture che potranno restare in vita. Il primo obiettivo, almeno secondo la proposta di Cottarelli, dovrebbe essere perseguito con una serie di azioni specifiche. Verrebbe esteso anche alle società che si occupano di servizi pubblici con rilevanza economica l’attuale vincolo previsto per quelle strumentali, in base al quale sono vietate le partecipazioni di secondo grado o più (una partecipata che ha altre partecipate e così via). Si ragiona poi su un limite per i piccoli Comuni: non potrebbero esistere società nei centri con meno di 30 mila abitanti, salvo aggregazioni tra enti locali. Un’altra possibilità è vietare le micropartecipazioni, ossia quelle in cui la presenza pubblica complessiva non supera una certa soglia (ad esempio tra il 10 e il 20 per cento): attualmente in 1.400 società la quota pubblica non supera il 5. Infine verrebbero chiuse le scatole vuote, entità con pochissimi dipendenti e/o con fatturato non significativo. Oggi ce ne sono 3.000 con meno di 6 addetti circa 1.300 con un volume d’affari inferiore ai 100 mila euro: il vincolo sarebbe dato da una combinazioni di questi due fattori. Naturalmente una strategia efficace presuppone la possibilità di imporre sanzioni agli enti che non si adeguano, anche sotto forma di riduzione dei trasferimenti pubblici.
I COSTI STANDARD
Le mosse in direzione di una maggiore efficienza comprendono l’introduzione dei costi standard (già prevista ma tutta da attuare), la riduzione del numero degli amministratori e la spinta alle fusioni in aree territoriali ottimali. L’obiettivo dell’aggregazione, in parallelo alla quotazione in Borsa, era incluso nelle misure che stavano per essere inserite nel decreto sblocca-Italia e poi ne sono uscite all’ultimo momento. Cottarelli ha spiegato ieri che quella sarà l’occasione per approvare un pacchetto complessivo e coerente sulla materia.
Un caso particolare è quello del trasporto pubblico locale. In questo settore il nostro Paese ha costi operativi più alti e un load factor più basso: ovvero autobus e treni - in media - non viaggiano abbastanza pieni. Ma si discostano dalla media europea, nel senso che sono più bassi, anche i costi degli abbonamenti: per cui incrementarli è una delle possibilità, in modo da destinare le risorse al miglioramento del servizio. Lo stesso commissario ha però avvertito che questa via andrebbe esplorata con cautela, per evitare una ulteriore riduzione dell’utenza.