ROMA Prende di più chi lavora meglio e di più. Se per quanto riguarda gli insegnanti contiene questo la «riforma-rivoluzione» della scuola, ora ribattezzata da Matteo Renzi «patto educativo», contiene anche un altro aspetto meritocratico a proposito delle aziende che investono sull’istruzione e sulla formazione. Ovvero, gli ”school bond”. Che sarebbero incentivi fiscali, sgravi e facilitazioni, per i privati che mettono soldi e garantiscono finanziamenti nell’apprendistato degli studenti, nei laboratori scolastici, nell’ampliamento del numero e della qualità degli stage (che oggi coinvolgono appena il 9 per cento degli studenti) che, prevede la riforma Renzi saranno obbligatori. A partire dal terzo anno della scuola superiore e saranno incrementati, come durata, fino a 300 ore all’anno, e resi obbligatori negli ultimi tre anni negli istituti tecnici.
Più stage per tutti, potrebbe essere lo slogan. Ma Renzi vuole, per una volta, tenersi lontano non solo dall’«annuncite» (che lo riguarda) e dalla «supplentite» (che riguarda le scuole da cui la figura del supplente dovrà sparire) ma anche dalle eccessive semplificazioni in una materia, come la scuola, assai complessa e delicata e della quale nessun suo predecessore è mai venuto a capo infiammando il Paese per riforme annunciate e non realizzate (colpa dei sindacati anzitutto, e del conservatorismo vario).
E comunque, se molte delle idee del «patto educativo» firmato da Renzi sono riprese dal passato sia dei governi di sinistra sia di quelli di destra tutti ugualmente incapaci di riformare la scuola (e ora Forza Italia tifa Matteo in questa riforma), l’introduzione degli «school bond» ha un sapore originale e sintetizza uno dei mortivi-chiave di questa svolta che Renzi vorrebbe dare al Paese: facilitare il passaggio dalle aule all’impiego. Il che non significa piegarsi supinamente alla filosofia aziendalistica (non ci sarebbe niente di male) perchè nell’alternanza scuola-lavoro la riforma vorrebbe facilitare anche il coinvolgimento delle soprintendenze artistiche, storiche, archeologiche. E dunque, si tratterebbe di un rilancio, aderente alla realtà d’oggi, anche della cultura umanistica, che - ha ripetuto in questi giorni Renzi, fissato con la genialità progettuale di Brunelleschi e con la Firenze rinascimentale come fonte di progresso economico e tecnologico da prendere a modello - «è il petrolio di casa nostra».
APPRENDISTATO
L’apprendistato varrà non solo per gli studenti degli istituti tecnici ma anche per quelli dei licei e come modello nella riforma Renzi viene preso quello dell’Enel che andrà esteso a tante altre società e moltiplicato all’infinito. L’Enel assume in apprendistato 150 giovani del quarto anno delle superiori che svolgeranno in azienda almeno ottocento ore all’anno. Questo il modello da estendere e questo l’obiettivo: nessun giovane dovrà arrivare ai 25 anni, senza avere mai fatto esperienze dirette di lavoro in azienda o in associazioni d’ogni tipo. Il Terzo settore, infatti, è un altro dei soggetti a cui guarda la riforma Renzi, sia per il lavoro all’interno degli istituti scolastici sia per il lavoro esterno ed estivo o dei periodi di vacanza invernali.