ROMA 26 minuti per ribadire il no «a voci di scissioni e di voto anticipato che fanno solo perdere tempo al Paese» e per elogiare l’opera riformatrice del governo. L’ultimo discorso di auguri alle alte cariche dello Stato da presidente della Repubblica di Giorgio Napolitano è un esplicito endorsement per Matteo Renzi che infatti subito ricambia. «Un discorso di grande respiro, di alto profilo». A pochi giorni dalle dimissioni che probabilmente annuncerà agli italiani nel discorso in tv di fine anno, e mentre la corsa alla successione è già cominciata sottotraccia, Napolitano ha distribuito pagelle e richiami. Al governo ha rimproverato la scarsa propensione al dialogo, in una situazione del Paese «che resta critica», con una disoccupazione giovanile che ha raggiunto «livelli insopportabili». Ma ai sindacati, e in fondo anche alla minoranza del Pd, ha riservato maggiori rimbrotti. Perché una cosa è chiara. La strada intrapresa dal governo sulle riforme, da quella del lavoro a quella costituzionale, è quella giusta. «Dobbiamo procedere con coerenza e senza battute d’arresto sulla via delle riforme», spiega Napolitano. Nel semestre italiano di presidenza dalla Ue «il governo ha potuto operare validamente e con maggior sicurezza per un nuovo corso delle politiche finanziarie e di bilancio dei 28, oltre i limiti divenuti soffocanti e controproducenti dell’austerità». Per andare avanti è però necessario «garantire continuità istituzionale, quella che mi sono personalmente impegnato a garantire ancora una volta per tutto il periodo del semestre europeo». A Renzi che questa volta non ha sbagliato l’abito come lo scorso anno, devono essere fischiate le orecchie per due passaggi chiave. Ai sindacati Napolitano ha chiesto di rispettare «prerogative e decisioni del governo», definendo «improvvidi» i contrasti all’articolo 18. Quanto alle riforme costituzionali Napolitano ha detto che «superare il bicameralismo non è un tic da irrefrenabili rottamatori, non si dica che c’è precipitazione, che si procede troppo in fretta, si è indugiato per mesi con audizioni e approfondimenti su questioni su cui si è dibattuto per decenni», ha sottolineato Napolitano. «Chi dissente dalle riforme non deve farlo con spregiudicate tattiche emendative». «Si è messo in moto un processo di cambiamento, non si è attenti alle novità del nuovo corso». Infine un passaggio sulla corruzione. «È essenziale colpire i soggetti politici coinvolti» ma, ha ribadito Napolitano «vanno evitate generalizzazioni improvvide». In un’orgia di applausi il dissenso della minoranza. «Non mi sento coinvolto dal monito di Napolitano, troppa grazia, ma se si stigmatizza la minaccia di elezioni anticipate, segnalo che le urne le vuole Renzi», dice Pippo Civati. Intanto leader e partiti cominciano a giocare le loro carte per preparare la successione. Se Matteo Salvini si dice pronto a «bloccare fisicamente» la elezione di Romano Prodi al Colle, è da registrare l’attivismo di Berlusconi che in segreto ha incontrato Pier Ferdinando Casini e ieri ha invitato a cena tutti i senatori di Forza Italia per cercare di ricompattare il gruppo. Oggi il Cavaliere riunirà i deputati. Quanto a Renzi, il premier è concentrato sul metodo. Il Pd farà un nome e cercherà di costruire un’intesa con le forze politiche che ci staranno. Decisiva potrebbe essere la pattuglia dei nuovi fuoriusciti del M5S. Si parla di altri 20 dissidenti.