Iscriviti OnLine
 

Pescara, 16/12/2025
Visitatore n. 750.237



Data: 18/12/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
Cuba, crolla il muro stop all’embargo Usa. Obama e Castro ringraziano il Papa. Il presidente statunitense: «Todos somos americanos». Decisiva la mediazione di Francesco

NEW YORK È stato un annuncio a sorpresa, di portata storica: con discorsi in diretta tv in contemporanea, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama e il collega cubano Raul Castro hanno annunciato l’apertura di una nuova era di pace nei rapporti fra i due Paesi. Dopo una guerra fredda che durava dal 1961, Obama ha parlato con toni pragmatici: «È giunto il momento di metter fine ad un approccio datato. Questi 50 anni ci hanno mostrato che l’isolamento di Cuba non ha funzionato».
E ha chiuso il discorso con uno slogan che echeggiava la sua campagna del 2008: «Somos todos americanos». La decisione è stata salutata «con gioia» dal Segretario delle Nazioni Unite Ban Ki Moon e da Papa Francesco, che ha personalmente aiutato i due Paesi a trovare la strada dell’accordo.
I PASSAGGI

Il disgelo viene reso possibile grazie alla liberazione di Alan Gross, un americano in prigione a Cuba dal 2009, accusato di aver portato collegamenti internet clandestini alla comunità ebraica. Dimagrito di 45 chili e al limite del suicidio, Gross costituiva l'unico ostacolo all'aperto desiderio di Obama di allentare la tensione con l'isola caraibica. Il presidente Usa aveva espresso già nella sua prima campagna elettorale la volontà di cercare la normalizzazione con Cuba, che l'opinione pubblica Usa in realtà chiedeva in maggioranza già dalla fine degli anni Novanta.
Ma l'arresto di Gross aveva ridato forza alla lobby cubana, bloccando ogni speranza di negoziato. Ultimamente, sono arrivati in soccorso di Obama sia il Canada, che ha fatto da tramite, sia il Vaticano. Nel massimo segreto, nel corso di un anno e mezzo, il segretario di Stato John Kerry ha intavolato un negoziato con il collega cubano Bruno Rodriguez. Un ultimo incontro ad alto livello fra la delegazione cubana e quella americana è avvenuta proprio a Roma, al Vaticano, sotto l'egida di papa Francesco. Martedì sera, 24 ore prima dei discorsi ai propri concittadini, Obama e Castro hanno parlato al telefono per 45 minuti, e finalizzato l'accordo.
E così si è arrivati alla liberazione di Gross. Sceso dall'aereo alla base militare di Andrews, Gross ha ringraziato «tutti» e ha concluso: «Ma alla fine dei conti, so che la mia libertà è stata decisa nello Studio Ovale e la devo a Obama». Ma Gross non è il solo a ritrovare la libertà: gli Usa rilasciano tre spie cubane, in prigione dal 1998, e Cuba mette in libertà una spia filo-americana in prigione da 20 anni (il cui nome resta segreto), e in più libera 50 detenuti politici. A latere di questi "scambi" di detenuti, ci sono le decisioni di cancellare molte delle restrizioni sul trasferimento di denari fra Cuba e Usa e sui viaggi fra i due Paesi. L'isola si impegna anche a concedere più libertà di informazione e maggiore accesso a internet (finora solo il 5 per cento della popolazione ne può godere) e promette il miglioramento delle condizioni dei diritti umani. Dal canto suo gli Usa tolgono Cuba dalla lista dei Paesi sponsor del terrorismo.
L'embargo economico per il momento resta. Le leggi restrittive, che risalgono ad Eisenhower e Kennedy, non possono essere sciolte da Obama. Deve decidere il Senato. E lì ci saranno ostacoli. Inevitabili, già sono arrivate le proteste di alcuni repubblicani, come il senatore della Florida Marco Rubio, che è proprio di origini cubane.

Decisiva la mediazione di Francesco, la svolta in estate con una nuova chiesa

CITTÀ DEL VATICANO La moral suasion del Papa argentino ha funzionato. Che qualcosa si stesse muovendo nel profondo, positivamente, è apparso chiaro alla fine di quest'estate. Una notizia di secondo piano, apparentemente marginale, eppure accolta dai diplomatici come un segnale di grande interesse, da non sottovalutare. Cuba aveva finalmente dato il permesso per la costruzione di una nuova chiesa sul suo territorio. Non accadeva da 55 anni.
Anche se il progetto aveva il sostegno finanziario dei cattolici di Tampa, in Florida. Il miglioramento delle relazioni tra il Vaticano e il governo comunista era evidente a tutti: i permessi per la costruzione erano stati dati senza alcun problema dal governo, autorizzati da Castro in persona. «Era una chiara dimostrazione di una nuova fase, un miglioramento delle condizioni tra Chiesa e Stato» commenta Enriquez Lopez Oliva, professore di storia delle religioni all'Avana. Di lì a poco in Vaticano sarebbero state accolte due delegazioni, una cubana e l'altra americana. Per una intera mattinata diplomatici cubani e americani si tornavano a parlare.
SEGRETEZZA
L’incontro è bastato per gettare le basi per un cambio di prospettiva. Il sentiero della pace è lastricato di piccoli tasselli da infilare come perle. A fare da mediatore il Papa argentino. Gli Usa si erano rivolti a lui a gennaio, otto mesi prima. Durante un incontro tra Kerry e il cardinale Parolin era stato chiesto l’appoggio di Bergoglio per la liberazione di alcuni detenuti statunitensi. Uno di loro, Alan Gross, in cella da cinque anni con l'accusa di spionaggio, proprio ieri è salito a bordo di un aereo governativo ed è stato riportato negli Stati Uniti. La chiave di volta per comprendere che tra Washington e l'Avana la musica è cambiata è la volontà di intavolare normali relazioni diplomatiche.
Lo storico annuncio è arrivato come un dono nel giorno del 78esimo compleanno di Francesco. Un bel regalo. In serata, dopo i discorsi di Raoul Castro e di Obama (entrambi hanno pubblicamente ringraziato il Papa), la Segreteria di Stato vaticana ha diffuso un comunicato. Il pontefice ha espresso il «più vivo compiacimento per la decisione dei due governi» decisi a superare «le difficoltà che hanno segnato la loro storia recente».
LETTERE
Il percorso di conciliazione, in questi mesi, ha portato Bergoglio a prendere carta e penna per appellarsi direttamente ai due presidenti, facendo leva sul comune senso di umanità, come se fossero due fratelli, invitandoli a guardarsi negli occhi, a risolvere «questioni umanitarie d'interesse comune». Bisognava cominciare dal problema dei prigionieri. Quello poteva essere il passaggio iniziale «per avviare una nuova fase nei rapporti tra le due parti».
Così la Santa Sede, ad ottobre, ha ospitato i colloqui di pace, offrendo i suoi buoni offici per favorire comprensione, fiducia, un dialogo costruttivo su temi delicati, dal quale sono scaturite soluzioni soddisfacenti per entrambe le parti. Naturalmente la missione di Bergoglio non termina qui. «La Santa Sede- si legge nel comunicato - continuerà ad assicurare il proprio appoggio alle iniziative che le due nazioni intraprenderanno per incrementare le relazioni bilaterali e favorire il benessere dei rispettivi cittadini». Il New York Times ha scritto che i negoziati andavano avanti da 18 mesi.
Va sottolineato che per molti anni i vescovi cubani, ma anche quelli statunitensi, hanno chiesto la fine dell'embargo, fino a quando intervenne direttamente Giovanni Paolo II a Cuba nel corso del suo viaggio (gennaio 1998) e infine Benedetto XVI, sia in occasione delle Presentazioni di Lettere credenziali di diplomatici dell'Avana che durante il suo viaggio apostolico sull'isola (marzo 2012). Sono queste le premesse del ruolo che la Santa Sede ha svolto in questi mesi per avvicinare le posizioni dei due Paesi.

www.filtabruzzo.it ~ cgil@filtabruzzo.it