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Pescara, 16/12/2025
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Data: 19/12/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
Partecipate, puniti gli enti locali che non tagliano. Oggi al Senato maxi-emendamento alla manovra e fiducia. Lanzillotta: «Su Roma si è persa un’occasione il risanamento andava accelerato»

ROMA Qualche vincolo in più per spingere Regioni e Comuni a disfarsi delle proprie partecipate inutili o inefficienti e (forse) qualche garanzia aggiuntiva per i 20 mila dipendenti delle Province da ricollocare negli altri enti territoriali, che rischiano la mobilità. È slittata a oggi la presentazione del maxi-emendamento del governo alla legge di Stabilità, sul quale al Senato sarà votata la fiducia al governo. Il testo doveva essere pronto per ieri sera, dopo che in commissione era risultato impossibile terminare l’esame del provvedimento e dunque affidare il mandato al relatore. Così non sono state confermate le modifiche già approvate, che tuttavia dovrebbero essere recepite dall’esecutivo nella stesura finale.
I tempi sono in ogni caso strettissimi. Ma al caos procedurale in Parlamento si affianca l’agitazione in molte città italiane (a partire da Roma) dove i dipendenti delle Province, anticipando di un giorno la protesta indetta dai sindacati del pubblico impiego, hanno iniziato ad occupare i palazzi istituzionali. Su questo fronte proprio dal maxi-emendamento potrebbe arrivare qualche novità rispetto alla proposta di modifica che era stata presentata in commissione dallo stesso esecutivo. Si prevedeva in quel testo la riduzione del 50 per cento della dotazione organica delle Province (del 30 nel caso delle Città metropolitane): i dipendenti in sovrannumero dovrebbero essere assorbiti da Regioni e Comuni oltre che dallo Stato (in particolare per strutture come le cancellerie degli uffici giudiziari). Allo scopo gli enti territoriali potrebbero sfruttare la propria quota di ricambio dei dipendenti pensionati (60 per cento) - dividendo però le assunzioni con i vincitori di concorso - ed anche il restante 40 per cento dedicato ai soli lavoratori in mobilità.
LE GARANZIE DEL GOVERNO
Il punto è che se queste persone non vengono assorbite (ed alcune Regioni hanno già manifestato l’indisponibilità a farlo) per loro scatterebbe il percorso della mobilità, che passa per la riduzione della retribuzione all’80 per cento di quella percepita e - in prospettiva - porta all’interruzione del rapporto di lavoro. Il governo ha ripetuto in queste ore che alla fine nessun dipendente perderà il proprio posto, ma le rassicurazioni non hanno per ora convinto i rappresentanti sindacali del pubblico impiego. Per questo la versione finale nella norma potrebbe contenere qualche ulteriore elemento di garanzia. E tra le possibilità c’è anche quella di una proroga dei lavoratori precari attualmente impiegati presso le Province, il cui incarico scade il prossimo 31 dicembre.
LA MOBILITAZIONE
Nelle città italiane la mobilitazione, particolarmente forte ieri in Toscana, è destinata a proseguire oggi su tutto il territorio nazionale.
Un altro nodo da sciogliere riguarda le società partecipate degli stessi enti territoriali. Nel testo originario della legge di Stabilità si prevedeva che quelle inefficienti o ridondanti venissero cedute o accorpate. Ma i relativi piani erano affidati agli stessi enti, senza alcun vincolo particolare in caso di inadempienza. Nel maxi-emendamento dovrebbero essere aggiunte sanzioni economiche sui dirigenti che non agiscono in questa direzione. Ma come ha spiegato lo stesso relatore Santini norme più drastiche potrebbero arrivare in primavera, con un altro provvedimento. Sono saltate invece le norme ad hoc proposte per Roma da Linda Lanzillotta, che prevedevano l’obbligo di cessione per le partecipate capitoline, condizionando a questo adempimento l’erogazione dei fondi per le funzioni della Capitale
Stamattina il Senato dovrebbe votare gli emendamenti al disegno di legge di Bilancio (il cui voto finale è però successivo a quello della legge di Stabilità). Quindi l’esecutivo presenterà il maxi-emendamento e porrà formalmente la questione di fiducia. Dopo il voto è anche prevista una riunione puramente formale del Consiglio dei ministri che dovrà approvare le variazioni di bilancio.

«Su Roma si è persa un’occasione il risanamento andava accelerato» Intervista Linda Lanzillotta

ROMA Senatrice Linda Lanzillotta, lei ha presentato un emendamento alla legge di Stabilità per vincolare l’erogazione dei fondi previsti dal Salva-Roma alla cessione delle partecipate di secondo livello di Atac e Ama. Senza successo...
«Credo che si sia persa un’occasione. Questo emendamento voleva essere un sostegno all’azione che il sindaco Marino si propone di realizzare. Va considerato che il piano di risanamento è stato approvato prima che emergessero una serie di elementi dall’azione giudiziaria. Questo, a mio avviso, rende ancora più urgente intervenire sulla struttura del Comune di Roma, non solo per motivi finanziari, ma anche per motivi di trasparenza, di taglio alla radice dei meccanismi che consentono i fenomeni corruttivi».
La sua proposta in che senso avrebbe inciso su questi meccanismi?
«Rendere vincolante e stringente la chiusura delle partecipate avrebbe permesso al sindaco di costringere la sua maggioranza in Consiglio comunale ad agire. Una maggioranza che abbiamo visto essere permeabile ai condizionamenti esterni, e che quindi non approverà con il sorriso sulle labbra lo smantellamento del sistema delle partecipate».
Con esito diverso si è ripetuto quanto accaduto lo scorso anno. Furono i suoi emendamenti imporre dei vincoli nel piano di salvataggio della Capitale...
«L’anno scorso fu il presidente del Consiglio Matteo Renzi ad inserire nel decreto legge Salva-Roma gli elementi che avevo proposto e che in Parlamento non erano passati. Per questo dico che il sindaco Marino ha bisogno di alleati esterni che lo sostengano in quest’azione che lui ha dichiarato di voler svolgere. Quest’azione si fa certo con i magistrati e l’anticorruzione, ma si fa innanzitutto facendo venir meno i meccanismi che generano quei fenomeni».
Il piano Salva-Roma comunque prevede la cessione delle partecipate entro il 2018...
«Sì, ma siccome c’è un’emergenza finanziaria andrebbe anticipato. I contribuenti romani e quelli italiani stanno pagando questa situazione. E poi c’è anche un’emergenza etica emersa dall’inchiesta su Mafia Capitale. Non possiamo aspettare i tempi normali di un piano di risanamento. La mia proposta era di anticipare, attuare il piano in due anni e di legare l’erogazione dei fondi pubblici all’attuazione effettiva del piano stesso».
Perché il governo si è opposto?
«In verità il governo non si è opposto all’emendamento, anzi. Il vice ministro Morando era disponibile a dare un parere positivo alla proposta. Alla fine ha anche accolto un ordine del giorno che traduce l’emendamento come impegno politico del governo».
Chi è allora che ha bloccato?
«La maggioranza».
Il Partito democratico?
«Non voglio fare distinzioni. Devo prendere atto che per la seconda volta il Parlamento su Roma non ha voluto prendere decisioni».

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