CHIETI «Mai con Buracchio», diceva cinque anni fa Di Primio. «Mai con Di Primio», ripeteva appena tre mesi fa Di Stefano. Ma gli italiani hanno la memoria corta, così dicono anche a Roccacannuccia. Ed eccoli Andrea Buracchio, Umberto Di Primio e Fabrizio Di Stefano uscire felici e soddisfatti dal quartiere generale di quest'ultimo, alle 10,30 di ieri, dopo aver riattaccato i cocci e battezzato la ricandidatura del sindaco uscente. Più che "Gli invincibile tre", film anni Sessanta sulla vita del possente Ursus, sembrano quelli di "Amici miei atto II”, ma la coalizione è salva per il bene del centrodestra. Il primo a sgattaiolare dal portone di piazza Valignani è però Mauro Febbo, ex agnello sacrificale. Esce di soppiatto, sfuggendo all'obiettivo, sale in macchina e corre verso L'Aquila. Dicono che non si allontani più dalla sua poltrona in Regione per paura che a qualcun altro venga in mente di candidarlo a sindaco di Chieti. Così fa solo atto di presenza, per firmare il cartellino marcatempo e via sull'A25, magari con sosta portafortuna in autogrill. Torniamo davanti al portone di piazza Valignani dove il fotografo è appostato da due ore. Dopo Febbo, escono Di Primio, che guarda soddisfatto la fontana e ne scopre un difetto («perdinci è inclinata», lo sentono esclamare) e Federica Chiavaroli, leader abruzzese dell'Ncd, che sorride a 44 denti. Subito dopo spuntano un paio di stampelle, non metaforiche, e poi Andrea Buracchio, fresco d'intervento al menisco, assistito dal fratello Emanuele. L'ex sindaco di nenniana memoria abbozza una smorfia ma non per l'effetto stampelle, che fanno pressione sugli avambracci. Forse l'addolora l'assenza dell'ex furetto del calcetto, Giuseppe Marcuccitti, ala sinistra allora e adesso che milita nell'Udc. Vuoi vedere che il partito "ago della bilancia" si è già diviso tra chi va con Di Primio e chi sale sul carro di Luigi Febo? Vedremo. Di Stefano, intanto, sembra Maometto che ha ricevuto nel suo ufficio la coalizione ricomposta, cioè la montagna. Non è di poco conto. E' gaudente, e si vede, per aver cancellato l'imbarazzo del leader per il progetto fallito, cioè primarie del prendi due e paghi uno che, tradotto in modo didascalico, poteva significare: elimino Di Primio, piazzo Febbo a palazzo d'Achille ed ho campo libero. La ciambella è però uscita senza il buco. Ma nel giro di 48 ore, il leader forzista stramba come De Angelis su Luna Rossa, mette in archivio le primarie anti-Di Primio, smentisce il coordinatore Nazario Pagano, che in tivù si era lasciato sfuggire l'intempestivo: «A Chieti facciamo le primarie, anche l'Udc è d'accordo». E accoglie nel suo quartier generale, con finestra sulla piazza stile Hitchcock, capra, cavoli e lupetto. Amici, ex nemici e alleati firmano il patto che sdogana il Di Primio bis. Tutto accade nel giorno di San Pietro Canisio, gesuita in terre germaniche. Post scriptum: all'incontro c'erano anche quelli di Fratelli d'Italia. Ma nessuno li ha visti.