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Pescara, 14/05/2025
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Data: 04/02/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Torna lo spettro deflazione, gennaio -0,6%. Hanno inciso sul calo i prezzi dei carburanti. Il peggior dato dal 1959

ROMA Ce ne siamo accorti tutti facendo la spesa al supermercato o sbirciando nelle vetrine dei negozi del centro: promozioni, sconti e riduzioni impazzano. I prezzi sono sempre più bassi. E non solo perché siamo in periodo di saldi. È così da un po’. Eppure forse nessuno aveva ancora percepito l’entità del fenomeno. Che è profonda, così tanto da essere un pericolo per la ripresa. A gennaio, secondo le stime preliminari Istat, l’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività è diminuito dello 0,4% rispetto a dicembre, addirittura dello 0,6% rispetto a gennaio 2014. Bisogna tornare indietro di oltre 55 anni, al settembre 1959, per trovare un calo di questo livello.
Tecnicamente si chiama deflazione. E non è una cosa bella, anche se quando andiamo alla cassa per le nostre tasche è un sollievo. Ma è bene essere coscienti che in realtà la deflazione è un incubo ed è foriera di svantaggi per tutti: i prezzi scendono perché la gente ha ridotto i consumi e i prodotti rimangono sugli scaffali, ma nella gara al ribasso dei prezzi (che tra l’altro porta le persone a rinviare gli acquisti sperando in ulteriori sconti) i produttori cercano di comprimere al massimo i costi anche tagliando i salari; nonostante ciò alcuni produttori non reggono, sono costretti a uscire dal mercato, e se le fabbriche chiudono diminuiscono i posti di lavoro e quindi aumenta la disoccupazione e diminuisce il reddito disponibile. Cosa che porta a consumare sempre meno. Insomma la deflazione è un circolo vizioso, che risucchia l’intero sistema economico in un vortice dal quale poi è difficilissimo uscire e che rischia di far diventare tutti più poveri. Un dramma pari, se non addirittura peggiore, a quello della recessione. E che può vanificare tutti gli sforzi verso la ripresa.
IL RISVEGLIO

Stavolta però l’incubo deflazione potrebbe finire presto. Per due motivi. Il primo ce lo spiegano gli stessi analisti Istat: il calo dei prezzi complessivo è dovuto «in larga misura» al crollo del prezzo del petrolio. Ciò vale sia per il raffronto annuo (-14,1%), sia su base mensile (-6,3%). L’inflazione “di fondo” - che non considera i prodotti energetici - è sì in rallentamento, ma resta positiva: +0,3% (dal +0,5% di dicembre). Sono rimasti in territorio positivo i prezzi dei prodotti alimentari, per la cura della casa e della persona (+0,6% rispetto a dicembre, + 0,1% su base annua), con punte dei prodotti freschi (verdure, frutta, pesce, ecc) del +1,4%. Oltre ai carburanti e di conseguenza i trasporti, risultano in calo (-0,6% su dicembre) soprattutto i prezzi del settore ricreativo spettacolo e cultura e di quello ricettivo e della ristorazione. Come a dire: quello che gli italiani hanno risparmiato con la benzina, lo hanno “investito” nel carrello della spesa. Invece cinema teatro e cena fuori con gli amici, restano al palo. Per ora.
C’è poi un secondo motivo che fa sperare in una rapida fine dell’incubo deflazione: il bazooka messo in campo della Bce con il Qe (acquisto massiccio di titoli di Stato). Se l’iniezione di liquidità nel sistema avrà successo, famiglie e imprese saranno propense a spendere di più facendo risalire l’indice dell’inflazione verso il livello sano (quel più 2% che è poi la mission dell’Eurotower) in grado di generare benessere per tutti.

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