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Data: 01/03/2015
Testata giornalistica: Il Centro
«Università, basta sprechi e inefficienze». D’Amico inaugura l’anno accademico e detta la linea per il futuro: cambiare per sopravvivere ai tagli, spendere fino all’ultimo centesimo

TERAMO Ci ha messo dentro un bel po’ di storia, partendo dalla prima proto-università teramana del 1348, passando per Melchiorre Delfico e ricordando passo per passo la nascita del sistema universitario abruzzese. Ci ha messo dentro anche i sentimenti («Quanta fatica e quanto dolore per migliorare e rendere più coesa questa comunità») e l’omaggio al giovanissimo partigiano Aldo Quarchioni, fucilato a 16 anni dai tedeschi il giorno in cui a Teramo la guerra finiva. Ma nel discorso con cui ha inaugurato l’anno accademico 2014-15 il rettore dell’università teramana, Luciano D’Amico, ha messo soprattutto il piglio del manager. Il manager decisionista imbevuto di studi economici che due anni fa ha preso la guida di un ateneo in grande difficoltà e che, con una raffica di idee e iniziative, ne ha avviato il rilancio. Detto che in cinquant’anni di attività l’università teramana ha ottenuto «risultati straordinari» laureando «grandi personalità» (due erano in platea: Giovanni Legnini e Luciano D’Alfonso) e contribuendo «a formare la classe dirigente che ha permesso il miracolo abruzzese», D’Amico ha concluso l’excursus storico e parlato del presente. Che, per l’università teramana, «è lo specchio fedele del Paese. Le risorse vengono a mancare, c’è stata una finta ebbrezza finanziaria che stiamo pagando e che ha permesso sacche d’inefficienza non più tollerabili. Queste sacche vanno eliminate». D’Amico rispolvera uno slogan coniato dagli studenti, “UniTevi al cambiamento”, e insiste: «Il motivo centrale è cambiare, le risorse disponibili non sono più compatibili con certe inefficienze». E ancora: «È difficile motivare docenti, personale amministrativo e studenti dopo che per anni abbiamo proposto certi modelli». Pessimismo? «No, è il quadro su cui costruire un’azione di rilancio e sviluppo». Questa, per D’Amico, si fonda su tre capisaldi. Primo, uso attento delle risorse. «Ridurremo i costi e non insisteremo più su attività non strategiche». Un esempio per tutti: «All’inizio del 2013 questo ateneo aveva nove sedi, alla fine del 2015 ne avrà solo due: il campus e Piano d’Accio». Secondo, riavviare le procedure di spesa. «La grande difficoltà è spendere le risorse, felicissimi di sottoporci a controlli ma a volte i tempi sono insostenibili e ci impediscono di essere competitivi. Auspico un’accelerazione e in questo senso abbiamo letto la legge sulle Fondazioni universitarie. Se non avessimo affidato alla Fondazione il trasferimento dei laboratori, invece di otto mesi ci avremmo messo quattro anni. Finora abbiamo sbloccato dieci milioni di euro di investimenti senza avere un euro in più per didattica e strutture. L’unica cosa che temiamo è non decidere, perché questo ateneo stava morendo di inedia decisionale. Vogliamo recuperare l’ultimo centesimo disponibile per investirlo». Il messaggio a chi, dentro e fuori l’ateneo, mette i bastoni tra le ruote con continui esposti è chiarissimo. Terzo caposaldo di D’Amico, «la focalizzazione sulle attività strategiche». La prima è la ricerca. «L’osservatorio sulla ricerca l’abbiamo creato per renderla più efficace e l’ultima valutazione ministeriale ci premia, tre nostri settori sono primi in assoluto a livello nazionale». Poi c’è la didattica. «Abbiamo varato il “Patto con lo studente” e grazie all’e-learning abbiamo fatto subito grandi numeri e permesso uno straordinario recupero di crediti. Vogliamo che l’attività didattica sia più efficace per l’inserimento nel mondo del lavoro, vogliamo studenti in grado di concepire un mondo diverso da quello che troveranno usciti da qui». Poi c’è la struttura amministrativa. «Vogliamo un’intesa e una condivisione crescenti, stiamo varando un riassetto orientato alla realizzazione condivisa dei progetti. “Unitevi al cambiamento”, questo chiediamo ai nostri colleghi amministrativi». Anche qui, messaggio implicito ma chiaro ai renitenti e resistenti: facciamo le cose insieme, altrimenti... io vado avanti come un treno. Nel futuro dell’ateneo D’Amico vede «un potenziamento dei rapporti con gli altri atenei», a livello internazionale ma anche regionale («il dottorato in biotecnologie condiviso con L’Aquila è il modello a cui tendere»), e maggiori rapporti con i centri di ricerca cittadini (cita nell’ordine Zooprofilattico, osservatorio astronomico e istituto Braga) e in generale con il territorio (cita i «rapporti virtuosi» già avviati con tribunale e Procura) per essere «sempre più parte della comunità». Il suo mandato scade nel 2018, il rilancio lo ha avviato e già si vede. Ma la strada resta aspra e tortuosa.

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