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Data: 02/03/2015
Testata giornalistica: Il Centro
Tfr in busta, l'aiutino che piace a pochi

Non si sono sentire le fanfare all’avvio, ieri, del provvedimento del governo sul versamento del Tfr in busta paga. L’integrazione al reddito deciso da Renzi e dal suo ministro dell’Economia Padoan convince ancora pochi. Al momento, ci dicono alcuni sondaggi, solo il 6% dei lavoratori dipendenti privati ha chiesto al proprio datore di lavoro il versamento della trattenuta sullo stipendio mensile. Pochi, maledetti e subito, verrebbe da dire per questi lavoratori, visto che il Tfr liquidato in busta viene tassato come lo stipendio e va a cumularsi sul reddito, con tutte le conseguenze sulle agevolazioni per i servizi sociali e le altre prestazioni collegate al tenore di vita (fa eccezione il bonus da 80 euro che resta se lo si incassa già). In sostanza il vantaggio fiscale, dicono tutte le simulazioni, è limitato ai redditi tra i 10 mila e i 20 mila euro lordi l’anno. Ma in questo caso, sommando gli 80 euro mensili del bonus ai 40-80 euro mensili del Tfr in busta si otterrebbe un’integrazione al reddito non banale, che potrà contribuire, come spera il governo, a pompare un po’ i consumi o almeno a far arrivare alla fine del mese famiglie che altrimenti farebbero fatica. Resta da dire che c’è anche molta conservazione nell’atteggiamento dei lavoratori (quanti progetti si fanno con i soldi della liquidazione: la casa per i figli, gli studi, la seconda casa al mare...), e poco entusiasmo tra gli imprenditori, soprattutto tra i piccoli e piccolissimi, molti dei quali dichiarano di non avere le risorse per far fronte ai costi del provvedimento. Per loro il governo ha previsto un più agevole accesso al credito bancario che verrà definito con un decreto e una convenzione tra Abi, ministero dell’Economia e del Lavoro. Peccato che l’accordo non sia ancora operativo.

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