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Data: 13/03/2015
Testata giornalistica: Il Centro
Il lavoro? Eppur si muove...di Giuseppe Mauro

L’Istat ha pubblicato in questi ultimi giorni alcuni indicatori che meritano un'opportuna considerazione perché delineano un quadro, sia pure parziale, dell'attuale situazione economica dell'Abruzzo. Gli indicatori in questione riflettono l'andamento del mercato del lavoro e l'evoluzione delle esportazioni. Sul versante dell'occupazione appare evidente come l'Abruzzo sia stato fortemente penalizzato da cinque anni di recessione e da oltre un decennio di mancata crescita. Una chiara testimonianza di quanto affermato viene offerta dalla consistente perdita di posti di lavoro che si è registrata nella Regione rispetto sia all'anno precedente (-10 mila unità lavorative) che al periodo pre-crisi (-42 mila unità). Lo stesso tasso di disoccupazione ha subito nell'anno un notevole balzo in avanti sino a raggiungere il 12,6%. A prima vista ciò farebbe pensare a un Abruzzo che incontra grandi difficoltà a uscire dalla crisi e, quindi, incapace di frenare l'emorragia occupazionale e di cogliere i segnali di miglioramento che di recente si avvertono nell'economia reale. Non è proprio così, anche se il quadro resta incerto. Infatti, se l'attenzione si concentra sull'ultimo trimestre del 2014, rapportato allo stesso trimestre del 2013, le indicazioni che emergono sono più confortanti. Sono almeno tre i motivi che conducono a questa interpretazione. Il primo motivo riguarda l'aumento complessivo di cinquemila posti di lavoro. Il risultato non va sottovalutato perché si ottiene dopo anni di progressivo deterioramento del tessuto occupazionale. Il secondo è da attribuire alla performance del settore industriale in senso stretto che registra una crescita di oltre il 20%, con un numero di occupati addirittura superiore a quello esistente nella fase pre-crisi. Il terzo motivo è riferito al trend ascendente del comparto dell'agricoltura e all'evoluzione della domanda estera.
Le esportazioni, infatti, nel corso del 2014, riescono a invertire la tendenza decrescente degli anni precedenti, grazie a una tendenza verso l'alto del 2,9%, valore superiore alla media nazionale. L'unico settore che presenta ancora grosse difficoltà è quello del terziario, il cui andamento dimostra come la crisi del debito sovrano abbia prodotto effetti fortemente negativi soprattutto sulla domanda interna e su quel diffuso tessuto di piccole imprese che operano in un mercato prevalentemente locale. Forse è ancora prematuro affermare che gli anni più bui siano passati e che si intravede una chiara luce in fondo al tunnel. Tuttavia, i segnali positivi, anche se modesti, sembrano indicare che la fase più acuta della crisi sia in fase di lento superamento e che esistano le condizioni per una concreta ripartenza dell'economia. Si ha cioè la sensazione che i fattori esterni che stanno spingendo l'economia verso l'alto - svalutazione dell'euro, il calo del prezzo delle materie prime e la decisione della Banca Centrale Europea di immettere liquidità nel sistema economico - possano determinare ripercussioni positive anche sulla nostra Regione. Può questa leggera schiarita trasformarsi in una ripresa concreta e duratura? Fermo restando che la strada dello sviluppo passa imboccando la via "alta" della competitività, che è poi quella dell'innovazione, della produttività e della rimozione di tutti i nodi strutturali che frenano la capacità di fare impresa, nel breve periodo appare inevitabile che i fattori esterni prima indicati, unitamente alle aspettative per gli effetti che il jobs act saprà produrre, debbano ulteriormente consolidarsi al fine di produrre una significativa inversione di tendenza rispetto al passato. Ma questo percorso non è sufficiente. Altri aspetti vanno presi in considerazione. Il governo regionale deve dare una spinta alla ripresa. Certo, il pubblico non può sostituirsi al mestiere dell'imprenditore, ma deve manifestare una progettualità strategica - in termini di settori, di infrastrutture e di risorse - spingendo le imprese a fare innovazione e analizzando il tasso di competitività del territorio. E poi c'è il tema del rapporto banca-impresa. Questi anni di recessione hanno dimostrato quanto sia stata elevata in Abruzzo la rischiosità delle imprese e come la crisi imprenditoriale si sia riflessa sulla qualità (bassa) dei bilanci degli intermediari. È ora arrivato il momento di ripristinare compiutamente questo rapporto, trovando un punto di equilibrio favorevole per entrambi i contraenti. Occorre mobilitare capitali per gli investimenti. È necessario fornire risorse finanziarie a quelle imprese che vogliono intercettare la domanda crescente o i gusti dei consumatori oppure conquistare mercati lontani. Siamo a un punto di svolta. Non è più il caso di declinare i nostri guai, ma è più opportuno, come afferma il Presidente Mattarella, rimettere al centro il futuro non con generiche affermazioni ma mobilitando energie.

Giuseppe Mauro

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