PESCARA Più o meno, due milioni di euro. È questa la cifra che dovrà sborsare la Provincia di Pescara a 62 ex lavoratori precari dell’Ente, dei quali alcuni hanno lavorato nell’amministrazione anche per dieci anni, senza però mai riuscire a ottenere la stabilizzazione che si aspettavano. Lo ha deciso l’altro ieri la sezione per le controversie di lavoro e previdenza della Corte d’appello dell’Aquila, dopo che circa un anno e mezzo fa, il tribunale di Pescara, in primo grado, aveva respinto sia il risarcimento sia la richiesta di reintegrazione sul posto di lavoro. Ora, invece, il giudice di secondo grado, secondo il dispositivo della sentenza (le motivazioni non sono state rese ancora note, ma trattandosi di materia di lavoro, è probabile che saranno comunicate a breve), ha deciso che ai ricorrenti venga versato a ciascuno un indennizzo pari a 20 mesi di lavoro (al lordo delle indennità di contribuzioni). Insomma, visto che si parla per lo più di lavoratori inseriti nei servizi per l’impiego, o in altri uffici, come quello dedicato ai trasporti, con stipendi che possono variare tra i 2000 e il 1300 euro, la media che è stata calcolata, secondo uno dei due legali che hanno assistito 56 lavoratori, Gabriele Silvetti (mentre l’altro è il professor Valerio Speziale, avvocato; altri sei sono stati assistiti dagli avvocati Stefano Maurizio, tre, Giovanni Piccirilli, due, e Roberto Delli Passeri, uno), sarà di 1600 euro mensili lordi a ciascuno, per un totale circa di due milioni di euro che dovranno provenire dalle casse della Provincia. Una cifra imponente sulle spalle dell'Ente, visto che la Provincia è già alle prese con una serie di tagli finanziari decisi dalla legge Delrio (ammesso che la sentenza diventi definitiva: le parti ora dovranno attendere le motivazioni della sentenza, per poi eventualmente adire un ricorso per cassazione presso la Suprema corte). La vicenda, per i ricorrenti (in realtà al momento si ha notizia solo del giudizio della Corte d’appello relativo a 59 di essi, gli assistiti dagli avvocati Silvetti, Speziale e Maurizio, ma tutto lascia presupporre che la Corte abbia deciso nello stesso senso anche per gli tre), parte nel 2000, da quando l’amministrazione provinciale, fino al 2008, stipula con i lavoratori dei contratti di collaborazione coordinati e continuativi a tempo determinato. «Ma», spiega l’avvocato Silvetti, «con le leggi finanziarie numero 296 del 2006 e 244 del 2007, si apre la possibilità di una stabilizzazione, a patto però di possedere determinati requisiti». «E la Giunta provinciale del 2007» all’epoca, di centrosinistra, con Giuseppe De Dominicis presidente, «decide di trasformare, visto che i lavoratori ricoprivano dei ruoli essenziali, i contratti da Co.Co.co a contratti a tempo determinato, sempre attraverso una selezione pubblica». Dunque, osserva Silvetti, «il requisito per essere stabilizzati ora era riscontrabile. Con una delibera di Giunta, poi», prosegue il legale, «la 63 del 25 marzo del 2009, si decide che al raggiungimento dei tre anni, cioè nel 2010, i contratti sarebbero diventati a tempo indeterminato. Solo che, nel frattempo, arrivano nuove elezioni» (vinte dal centrodestra, diventando presidente Guerino Testa), continua Silvetti, «e con una delibera del 13 luglio del 2010, la 216, la Giunta provinciale decide che non si potrà procedere con la stabilizzazione dei lavoratori, in quanto era impedita da dei vincoli finanziari». Intanto, giovedì è arrivata la sentenza della Corte d’appello dell’Aquila, disponendo per un indennizzo verso i lavoratori. «Noi di questo siamo contenti», ha concluso Silvetti, «e ora rimaniamo in attesa delle motivazioni, per, eventualmente, decidere di andare oltre». Già, poiché ai lavoratori interesserebbe, naturalmente, un reinserimento sul posto di lavoro.
Un’ex precaria «È vero, abbiamo vinto ma il lavoro chi ce lo ridà?»
PESCARA La sentenza della Corte d’appello dell’Aquila, se non ha ridato il posto di lavoro ai ricorrenti, ha però concesso loro un indennizzo, tanto da far cantare «vittoria» ad alcuni di essi, seppur con qualche distinguo. A parlare è una ex precaria, che preferisce però rimanere anonima. «Ho lavorato nell’amministrazione dal 2001», racconta la donna dopo aver avuto notizia della decisione del giudice di secondo grado, che ha ribaltato quella pronunciata dal tribunale di Pescara. «E ho lavorato inquadrata come istruttore amministrativo, per un totale di quasi dieci anni». «Con la speranza», sottolinea ancora la donna, «di essere prima o poi stabilizzata, visto che questa prospettiva si era aperta, dopo, tra l’altro, un accordo che era intercorso tra amministrazione e sindacati. Ma a un certo punto, cambiata l’amministrazione, non hanno dato più corso alla stabilizzazione e ci hanno mandati a casa». Una situazione lavorativa che da precaria, diventa ancora più difficile. Anche se la lavoratrice si è data da fare cercando un’alternativa. «Nel frattempo», continua, «ho trovato un altro lavoro, che ora però non ho più. E so», aggiunge ancora la donna, «che molti di noi sono rimasti senza lavoro, dopo non essere stati confermati dalla Provincia. E anch’io, lo ripeto, adesso sono senza lavoro. Tutto questo», rimarca ripensando al tempo in cui ha lavorato nell’amministrazione provinciale, «nonostante il tempo che abbiamo dedicato al nostro lavoro. Ora è arrivata questa sentenza», conclude l’ex precaria della Provincia, «e io la considero una vittoria, poiché dimostra che avevamo ragione. Anche se, certo, si aspirava a una ricollocazione sul posto di lavoro».