Maurizio Landini ha dimenticato come si fa il lavoro di saldatore. I primi passi della sua coalizione sociale hanno mobilitato più avversari che alleati, hanno diviso più che unire. Il protagonismo del leader Fiom suscita anzi la reazione di quello che è l’alveo politico di riferimento, con la minoranza Pd prima e la Cgil poi sollecite nel prendere una clamorosa distanza dal progetto del segretario della Fiom. Non solo, ma proprio la minoranza Pd che fa capo a Pier Luigi Bersani si muove su una strada parallela e annuncia per il 21 marzo in un’Assemblea dal titolo “A sinistra nel Pd” che si propone come “un’alternativa a Renzi”. Precisando che saranno presenti esponenti della Cgil e di Sel.
La partenza della “coalizione sociale” di Landini appare quindi decisamente in salita. Il tutto esaurito della sala che ospitava la prima riunione presso la sede romana della Fiom, con la partecipazione di associazioni vitali e rilevanti come Libera, Emergency, Libertà e Giustizia, Legambiente, Arci e tante altre “anonime” piccole associazioni di livello locale, stride con la reazione dei “piani alti”, nel sindacato e nella politica.
Landini a In Mezz’Ora definisce “in malafede”chi legge la sua iniziativa come la volontà di costituire un partito. Dice a chiare lettere di non voler “né fare un partito, né uscire dal sindacato”. Rivendica però per il sindacato il diritto di fare politica, perché “il sindacato deve essere un soggetto politico”. Ed ancora: “Ieri doveva essere un inizio di discussione. Il mio problema non era la reazione del Partito democratico. Faccio il sindacalista e la coalizione sociale parte dal sindacato, io voglio che si riformi il sindacato”. Il segretario della Fiom non appare quindi preoccupato dalla reazione freddissima del Partito democratico in tutte le sue molteplici forme - dall’anima renziana a quella minoritaria. Proprio dalla sinistra dem sono arrivate le parole più dure, con Roberto Speranza prima e Maurizio Martina poi impegnati a prendere le distanze dalle “urla” di Landini.
Più difficile per Landini però reagire alla clamorosa presa di distanza della Cgil, infastidita dalle parole pronunciate dal leader Fiom a In Mezz’ora. Landini aveva detto di muoversi “dentro la strategia della Cgil”, di aver “informato” Susanna Camusso della sua iniziativa e di parlare con lei “alla luce del sole”. A stretto giro la precisazione del portavoce della Cgil il quale affermava che “né il segretario né la segreteria sono stati informati della riunione di ieri della Fiom e tantomeno hanno espresso appoggio a quel progetto”.
Si profila con questa smentita una spaccatura nel sindacato di Corso d’Italia che appare il riflesso di questo nuovo protagonismo di Maurizio Landini, di sicuro ingombrante per un sindacalista di categoria si vuole trasformare in leader aggregatore di forze sociali. In effetti il segretario della Fiom punta a “rottamare” le riforme degli ultimi governi - pensioni (riforma Fornero) e lavoro (Jobs act) su tutto - e propone una riforma della rappresentanza sindacale e iniziative a sostegno delle fasce più deboli. Una rottamazione che riguarda anche il sindacato e che, se dovesse riuscire, non può che travolgere la Cgil.