ROMA Al professor Giuseppe Berta, storico dell’industria, bocconiano, (è appena uscito per Il Mulino il suo ultimo libro ”La via del Nord”), chiediamo un giudizio sui rapporti fra governo e sindacati anche alla luce della nascita della Coalizione Sociale guidata dalla Fiom.
Dopo l’addio alla concertazione, il governo lancia un’altra sfida al sindacato su una legge sulla rappresentatività. Concorda?
«L’esecutivo manifesta da tempo insofferenza verso i corpi intermedi. Ora la mossa di Landini radicalizza il contrasto. In fondo Renzi accetta questa sfida, scegliendo proprio il terreno di una legge sulla rappresentanza, un cavallo di battaglia della Fiom».
Cosa le fa pensare la nascita della Coalizione Sociale?
«E’ la fine di ogni suggestione di unità sindacale in Italia. In altri Paesi manifatturieri, Germania, America, Giappone, vediamo che il sindacato, unico, si colloca nello spazio dell’industria. Con i suoi obiettivi e la sua conflittualità, ma dentro la mission aziendale».
E la Fiom?
«Fiom invece investe su un sindacato d’opposizione. Per Landini il perimetro della fabbrica è troppo stretto e punta sul sindacato come collettore dei focolai di protesta».
Dunque sta nascendo l’ennesima struttura antiindustriale?
«Più che anti-industriali i temi lanciati dalla Coalizione Sociale, legittimi, sono fuori dall’evoluzione del mondo industriale».
Sta dicendo che Fiom non parla più al mondo del lavoro?
«E’ più complesso. Landini sostiene che occorre un pensiero generale sul lavoro. Una mentalità che porta lontano dai confini del lavoro in fabbrica dove non basta la protesta perché i problemi vanno risolti».
Per questo a Pomigliano hanno aderito in 5 allo sciopero Fiom?
«Landini si è reso conto che li non sfonda. La Corte Costituzionale lo ha fatto rientrare nelle fabbriche Fiat dove però la Fiom non partecipa alle strutture consultive che legano azienda, lavoratori e sindacati firmatari. Protesta senza incidere».
Che relazione vede fra la Coalizione Sociale e la politica?
«Noto la furibonda reazione della sinistra Pd che non ha intenzione di gettare la spugna».
Se nasce il sindacato-coalizione delle proteste dov’è il sindacato industrialista?
«Ci sono troppe sigle sindacali. Landini su questo punto fa chiarezza. Chiusa ogni ipotesi di unità, al sindacato d’opposizione andrebbe contrapposto un solo polo sindacale, industrialista, conoscitore dei processi di lavoro e capace di spostare verso i lavoratori parte del valore aggiunto creato in fabbrica o nelle imprese di servizi. E’ questa la grande lezione dell’Ig Metall tedesca o dell’Uaw americana. Cisl, Uil e compagnia sanno bene che l’assetto sindacale creato dalla Guerra Fredda non ha più senso».