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Pescara, 12/05/2025
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Data: 20/03/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Lupi si dimette: con il mio gesto rafforzo il governo. Il premier: saggio. L’annuncio in tv a Porta a Porta, alla vigilia dell’informativa «Matteo non garantista ma non mi ha chiesto lui di rinunciare»

ROMA Maurizio Lupi si dimetterà convinto che il suo gesto «rafforzerà l’azione di governo». Il ministro dei Trasporti uscirà di scena oggi, alle 11, dopo l’informativa già fissata alla Camera. La decisione era nell’aria anche se fino a poche ore prima il ministro dell’Ncd sembrava intenzionato a tener duro. L’idea di restare ancora a lungo sulla graticola, impallinato dalle carte giudiziarie, i verbali delle intercettazioni distillati con il contagocce, lo hanno fatto crollare.
Le frizioni tra il suo partito e i democrat sono rientrate solo quando - dopo la resa - è arrivato il riconoscimento del vice segretario dem Guerini: «Un gesto politico da apprezzare, un atteggiamento ragionevole e serio che dimostra la sua attenzione per le istituzioni». «Scenta saggia, per sé, per l’Ncd e per il governo », plaude poco dopo Matteo Renzi.
TELEFONATA AL COLLE

Nello studio di Vespa è entrato un ministro è uscito un uomo provato. La resa è arrivata pochi minuti dopo aver varcato i cancelli di via Teulada, ospite di Porta a Porta. In mattinata il colloquio con il premier e Alfano. Quindi la telefonata, «come era doveroso» al presidente della Repubblica Mattarella. Lupi non è tornato indietro di un passo rispetto alle cose che aveva già detto. Negazione su tutta la linea: «Non ho mai ricevuto favori né qualcosa per il servizio della mia funzione».
LO SFOGO

Per tutto il giorno le voci di dimissioni si erano rincorse. Ma a molti quel silenzio di Renzi era sembrato eloquente tanto da far pensare a dimissioni imposte. Anche se Lupi fino all’ultimo ha negato «Renzi non è un garantista ma non mi ha chiesto di lasciare». E ancora: «Non conviene a nessuno che questo governo diventi un monocolore pd». C’è stato un momento in cui Maurizio Lupi dopo 48 ore passate sotto il fuoco incrociato - la contestazione a Milano, i coro dei grillini alla Camera durante il Question time - ha abbassato la guardia. È stato quando ha messo parte la politica e per qualche minuto ha svelato il risvolto umano di una vicenda che purtroppo ne ricorda altre: «Quando ti vedi tirato in ballo, pur avendo valutato i magistrati che non ho alcuna responsabilità, tuo figlio gli amici... ma perché tirare in ballo la mia famiglia?». Fino all’appello: «Attaccate me ma lasciate stare mio figlio», si è sfogato, sempre più amareggiato Lupi. Parole covate a lungo ma già confidate in privato ai suoi collaboratori: «Non ho fatto pressione per fare assumere Luca».
Una linea difensiva che non cambia neanche quando le intercettazioni fanno pensare il contrario. Lasciando in sospeso molte domande. Cavallo, il suo più caro amico, descritto nelle carte processuali come sodale del superburocrate Incalza e dell’imprenditore Perotti? «Franco è un mio carissimo amico e rimane un mio carissimo amico, se ha sbagliato pagherà». E gli altri due? «Ma perché dovrei chiedere a Incalza di fare pressioni su Perotti per raccomandare mio figlio se avrei potuto chiamarlo direttamente?». Lupi, esponente storico di Cl, resterà come capogruppo ncd alla Camera. E avrà il suo da fare: l’Ncd, diviso tra filo-berlusconiani e filo-Pd, rischia un contraccolpo pesante. I rapporti con i dem sono tesi. In molti nel partito di Alfano fanno pesare il «beau geste» di Lupi, specie se confrontato alla situazione di altri indagati dem. Uno su tutti: il candidato presidente in Campania De Luca. L’uscita di scena di un ministro sfiorato da sospetti non è mai folgorante. Specie se accompagnata dalle bordate di Grillo («10 miliardi di appalti, Rolex è poca cosa»). In serata anche la solidarietà di alcuni esponenti di Forza Italia e quella scontata ma calorosa di Alfano: «Decisione da uomo delle istituzioni, perbene e onesto. Suo gesto testimonia distanza da logiche di potere». Consolazione, magra però.

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