L’AQUILA Camicia nera su pantaloni neri, circondato dai familiari, trovi il ministro della Cultura Dario Franceschini in piedi sotto le arcate del portici di Corso Umberto. Come un normale cittadino, «come tutti», dice, indicando con il braccio la folla che si muove davanti a lui. E si fa subito calca con persone che gli stringono la mano, chiedono un selfie e gli urlano dalle fila più lontane: «Grazie ministro per questo evento e grazie che sei venuto all’Aquila». Un successo che gli fa dire subito, senza batter ciglia: «Ogni anno un evento jazz all’Aquila». I cronisti che lo cercano per una battuta tra la folla, battendo a tappeto ogni angolo del centro storico, lo trovano qui. Prezioso l’aiuto della senatrice Stefania Pezzopane che con un giro di sms dà una mano a chi ha fretta di chiudere un pezzo. Il ministro doveva arrivare alle 18.30 da Viterbo per la “Macchina di Santa Rosa”, patrimonio immateriale dell’Unesco (presto anche la Perdonanza celestiniana lo sarà ), in tempo per il concerto di Paolo Fresu, direttore artistico della maratona musicale “Il jazz italiano per L’Aquila”. Musica e colori in 100 diversi luoghi fra angoli di strada, finestre, piazze, chiese. Invece Franceschini ha preferito un giro privato, personale, con la famiglia, per gustarsi un successo che è quasi personale. A volere che l’eccellenza del jazz italiano (a richiamare proprio il fatto che L’Aquila è di tutto il Paese) nel cuore del cratere sismico, è stato proprio il ministro, che con questo evento unico in Italia (in Europa per il sindaco Massimo Cialente) recupera punti agli occhi dei cittadini che lo hanno contestato per la riforma dei musei e, all’Aquila, per la riorganizzazione del Mibact, che ha portato scompensi nel processo della ricostruzione dei beni culturali. Un pensiero nato diversi mesi fa e concretizzato nel migliore dei modi. Ministro, un vero successo la manifestazione. Se l’aspettava? «Mi pare che la folla e l’entusiasmo dimostrino che c’è una gran voglia di fare rinascere L’Aquila, di farla tornare viva, servono i restauri ma serve anche farla tornare una città viva. È riuscita talmente bene che questa manifestazione la ripeteremo ogni anno, alla prima domenica di settembre». Sempre all’Aquila? «Certo, sempre all’Aquila. È per L’Aquila». Un’iniziativa pensata per portare solidarietà alla città; può, però, anche essere un modo per riportare attenzione sui nodi della ricostruzione che sono ancora tanti? «È una manifestazione nata per portare solidarietà in un territorio martoriato, è importante che i tutti jazzisti suonino gratis – anche i grandi nomi del jazz italiano – per accendere i riflettori sul fatto che, oltre ai fondamentali interventi di restauro, bisogna anche far tornare nel centro storico gli abitanti, i commercianti, la vita». Il jazz è una sua passione? «Sì, è una grande passione. Però io ritengo molto importante che si sia trovato il modo di mettere insieme l’eccellenza del jazz italiano. Questo è il più grande evento di jazz che sia stato fatto in Italia. E il fatto che sia stato organizzato nel centro storico dell’Aquila è una cosa davvero bella».