ROMA Meno tasse sul lavoro e più pressione fiscale sui consumi, sugli immobili, sulle eredità e sulle donazioni. È la raccomandazione che la Commissione europea rivolge all’Italia causando così un’altra spaccatura tra Bruxelles e Roma. Il premier Matteo Renzi replica infatti a muso duro: «Il compito dell’Ue non è mettere bocca su quali scelte fiscali bisogna adottare nei singoli Paesi. Quali tasse ridurre lo decidiamo noi, non un euroburocrate». L’esortazione dal sapore amaro, fatta non solo all’Italia ma anche ad altri Paesi della Comunità europea, arriva quando mancano appena due settimane all’avvio dell’iter della legge di Stabilità, con cui il governo Renzi scriverà la manovra fiscale del prossimo anno. Manovra che, com’è noto, comprenderà l’abolizione dell’imposta sulla prima casa. Invece, nel rapporto sulla tassazione pubblicato a Bruxelles, la Commissione torna a fare il tifo affinché la Tasi rimanga. Lo screening realizzato dall’Ue evidenzia che in Italia l’attuale sistema di imposta sugli immobili contribuisce alla crescita del debito e «attualmente genera solo una proporzione relativamente piccola del totale delle entrate fiscali», per cui aumentare le tasse sulla casa «potrebbe essere una strategia per i governi che devono consolidare le finanze pubbliche». Si tratta di una valutazione che si scontra però con le intenzioni del governo. E lo stesso Renzi, da New York, non fa marcia indietro e ribadisce che nel 2016 sarà abolita l’imposta sulla prima casa. Quindi, il premier ricorda che «per molti anni le tasse le abbiamo alzate per venire incontro alle richieste di Bruxelles. Questa volta non solo decidiamo noi ma le riduciamo anche. Spero invece - sottolinea - che la Ue abbia la forza di farsi sentire sull’immigrazione». È così che arriva la precisazione dalla Commissione: «Non abbiamo al momento un’analisi dettagliata del piano di riforma fiscale italiano, la faremo quando riceveremo la bozza del piano di bilancio». Quindi la valutazione di Bruxelles sarà fatta sul complesso della legge di Stabilità, la cui bozza è attesa per metà ottobre. Intanto da Confindustria arriva un invito al governo a fare ancora di più per il mondo del lavoro. Giorgio Squinzi spiega che «probabilmente riusciremo a finire l’anno oltre l’1% di crescita del Pil, ma per creare vera occupazione serve una crescita oltre il 2%». Secondo i dati dell’Istat, nel complesso la crescita per il 2015 «risulterebbe in linea con le previsioni», che indicano lo 0,9 per cento. Ma il presidente Giorgio Alleva avverte che «l’espansione dei consumi potrebbe essere meno rapida di quanto previsto (+1,5% nel 2016) poiché influenzata da una moderata riduzione della disoccupazione e da un più lento ripristino delle condizioni di fiducia delle famiglie, significativamente indebolite dalla durata della crisi». Infine, dai tecnici di Camera e Senato, che stanno esaminando la nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, arriva un monito all’esecutivo: chiarire dove vuole tagliare. «La relazione - si legge - non fornisce alcun tipo di informazione circa la composizione quantitativa delle misure, limitandosi a indicare l’entità complessiva della manovra». Adesso a Renzi restano due settimane per motivare le sue scelte e per convincere Bruxelles, e non solo, che abolire la tassa sulla prima casa sia la strada giusta per l’Italia.