L’AQUILA Lo striscione viene fuori a fine seduta, sorretto in primis dai forzisti Sospiri, Iampieri, Febbo, ma anche dal grillino Mercante. Recita: «Basta bugie, dite la verità sugli ospedali». Una rabbia che esplode pacificamente dopo i 39 minuti di intervento dell’assessore alla Sanità, Silvio Paolucci, dai quali l’opposizione si aspettava di ottenere, appunto, la «verità» sull’applicazione del decreto Lorenzin e, più in generale, sul piano triennale 2016-2018 che ridisegnerà la mappa dell’assistenza e della rete ospedaliera. Con D’Alfonso a Bruxelles, in realtà Paolucci, pur sollecitato a più riprese, preferisce sorvolare su alcuni punti chiave, in particolare su declassamenti e possibili chiusure, concedendo semplicemente un’apertura sull’applicazione «non rigida» del decreto Lorenzin e un invito a un «confronto di merito» collegiale. Troppo poco, evidentemente, per eludere le polemiche. Anche perché la seduta ha una coda piuttosto velenosa quando vengono messi in votazione due documenti. Uno è quello che ha originato questo consiglio straordinario, firmato da Forza Italia, e sostanzialmente chiede due ospedali di secondo livello, la non chiusura dei pronto soccorso e almeno una terapia intensiva neonatale in ogni provincia. Tutte cose, sostiene Sospiri, che la maggioranza dovrebbe condividere. Invece no. Il centrosinistra lo boccia con qualche fatica (12 sì, 15 no, astenuto Di Nicola), ma poi in prima battuta non riesce a far passare il suo di documento (15 sì, senza numero legale), una semplice enunciazione di principi, e così c’è bisogno di una seconda “chiama”. Alla fine, dopo oltre tre ore di dibattito, la sensazione è che non si siano fatti passi in avanti. Tanto che il Movimento 5 Stelle tuona con Ranieri: «Cinquanta minuti di assoluto nulla. L’assessore non ha risposto a nessuna delle domande poste in aula, pur riversando sull’intera assise un fiume di parole. Ci siamo trovati ad ascoltare un discorso sterile, tanto da essere irrispettoso verso tutti quei cittadini che da questo Governo regionale attendono risposte per capire dove, come e quando curarsi». Sospiri va anche oltre: «Paolucci ha offeso la sua nota e comprovata intelligenza».
SCHERMAGLIE
Il canovaccio pare chiaro fin dalle primissime battute. Il centrodestra chiede di sapere, in soldoni, se è vero che in Abruzzo ci saranno sette ospedali di primo livello (i quattro capoluoghi più Lanciano, Vasto e Avezzano) e i declassamenti («Con un mezzo pronto soccorso arrangiato» dice Sospiri) di Sulmona, Giulianova, Sant’Omero e Castel di Sangro a presidi di base. E, in particolare, se è vero che Popoli, Penne, Atri, Atessa, Casoli, Guardiagrele e Ortona sono destinati a chiudere. Chiodi dal canto suo rivendica l’uscita dal commissariamento ed evidenzia che non si può «subire un condizionamento per adempiere a cose non più necessarie». Camillo D’Alessandro (Pd) in aula lo incalza, leggendo vecchie dichiarazioni dell’ex presidente che, a suo dire, «sono le stesse che oggi fa Paolucci e che stranamente contesta». Di Dalmazio corre in soccorso dell’ex governatore: «Allora si doveva agire con l’elmetto, siamo noi che abbiamo fatto uscire la Regione dal cappio del commissariamento». In realtà qualche “crepa” c’è anche in maggioranza, visto che Maurizio Di Nicola, che ammette candidamente di avere un profilo «altamente campanilistico» (per la vicenda Pescina) mostra perplessità e non vota il documento del centrosinistra.
IL GOVERNO
Paolucci, dal canto suo, traccia la linea. Ribadisce che il piano 2016-2018 è «molto più vasto del decreto Lorenzin». Che la domanda in sanità è cambiata e si sta focalizzando su cronici, fragili e non autosufficienti. Che l’assistenza va garantita con risorse sempre minori. Che non si può parlare solo di rete ospedaliera in una regione che nel 2030 passerà da 269 mila a 600 mila anziani. «E’ falso - dice - che altre Regioni stanno operando diversamente. Stanno scrivendo lo stesso atto di programmazione che vale 3 anni, né più né meno». E che, infine, il decreto Lorenzin non sarà applicato con rigidità. La sensazione è che lo scontro sia solo agli albori. «Quest’aula diventerà un Vietnam» avverte Sospiri.