ROMA Primo: «Non si deve assolutamente rinunciare ad applicare le novità del Jobs act». Secondo: «Il contratto collettivo nazionale di lavoro mantiene la sua centralità e la sua funzione». Terzo: «Non si deve assolutamente introdurre un terzo livello contrattuale». Quello territoriale eventualmente può essere alternativo a quello aziendale. Quarto: «Il minimo tabellare per il biennio futuro va fissato tenendo conto del differenziale (fra Ipca prevista e effettiva), del triennio precedente, differenziale che va dunque recuperato». Quinto: «Il corrispettivo monetario delle maggiori flessibilità ottenute nei rinnovi contrattuali non può essere inserito nei minimi tabellari ma andrà corrisposto come elemento distinto della retribuzione». Eccole le linee guida che Confindustria ha appena diffuso alle categorie impegnate nella prossima tornata di rinnovi contrattuali. Principi importanti (come quello sulla centralità del contratto collettivo) che spazzano via diffidenze e timori, ma anche paletti e confini precisi (sulle novità del Jobs act, sul recupero del “già dato”) destinati a movimentare i negoziati. «Noi siamo pronti: abbiamo messo insieme quello che doveva essere un decalogo e invece è solo un pentalogo» dice il presidente Giorgio Squinzi. In ogni caso, tiene a precisare, «non abbiamo mai bloccato le categorie dal trattare».
Il primo treno, quello delle trattative sui rinnovi, è quindi pronto e può partire. I chimici sono già sul vagone: il fischio di partenza ci sarà oggi pomeriggio. La piattaforma dei sindacati prevede un aumento di 123 euro. Ma stavolta, oltre al tradizionale negoziato sugli incrementi, il vero ostacolo si chiama Jobs act: i sindacati chiedono di non applicare le nuove norme, il “pentalogo” di Confindustria invece mette al primo punto proprio «la piena affermazione» delle novità della riforma.
PRODUTTIVITÀ E RIFORMA
A fine mese, il 26 ottobre, sarà la volta degli alimentaristi. Le dichiarazioni dei giorni scorsi fanno prevedere che anche in questo caso la trattativa dovrà prima di tutto sciogliere il nodo Jobs act. A breve poi sarà la volta del contratto principe, quello dei metalmeccanici, che i sindacati vorrebbero chiudere entro fine anno.
Resta per ora ancora su un binario morto l’altro tavolo, quello della revisione delle regole contrattuali. Ma non è detto che nei prossimi giorni non ci possano essere novità. L’intervento del governo - ieri il premier lo ha nuovamente ventilato - non piace a Cgil, Cisl e Uil che temono sia di perdere il loro ruolo di rappresentanza sia sgambetti con l’introduzione del salario mimino. E in realtà anche ai piani alti di viale dell’Astronomia considerano una legge sulla materia «un’ipotesi estrema»: «Mi auguro non debba accadere» ha detto ieri ai giornalisti Squinzi. Poi dal palco dell’assemblea della Confindustria di Pavia, il leader degli industriali ha ribadito che uno dei pilastri del nuovo modello di contrattazione deve essere un maggior «legame tra salari e produttività»: «Questo è per noi un punto imprescindibile per recuperare competitività a beneficio di imprese e lavoratori».