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Pescara, 17/07/2025
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Data: 15/10/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Canone Rai nella bolletta elettrica: sarà possibile pagarlo anche a rate. A rischio il calo Ires nel 2016. Statali, nuovi tagli ai dirigenti

Conto alla rovescia per il canone in bolletta: la tassa sulla tv abbinata al pagamento dell'elettricità arriverà con la legge di Stabilità (non è escluso che venga introdotta durante l’iter parlamentare come emendamento). Di certo per ora c'è l'entità della tassa, abbassata a 100 euro. Restano però dei nodi da sciogliere: i possessori di due o più case, secondo l’attuale ordinamento, pagano solo un canone legato all'abitazione dove risiedono. Anche con la nuova norma il principio dovrebbe rimanere, come tecnicamente questo possa avvenire senza creare contenziosi è ancora da capire (le banche dati dei vari gestori si ”parleranno” davvero?) .
Altro nodo delicato è l'ipotesi di rateizzazione del canone. La proposta di due maxi rate da 50 euro, a gennaio e giugno, non convince i distributori di energia perché - si spiega - potrebbe incidere sull'aumento della morosità delle utenze elettriche. Quindi, si lavora all'ipotesi di una rateizzazione più ampia. Cosa succederà poi a chi si rifiuta di pagare la quota canone? Secondo alcune fonti governative, non dovrebbe rimanere al buio. Con il canone in bolletta, il cui scopo è combattere l’evasione del balzello attualmente al 27%, il governo calcola di recuperare non meno di 500 milioni di euro. Con il nuovo sistema di riscossione, infatti, salirebbero a 2,2 miliardi gli introiti della tassa statale rispetto agli 1,7 miliardi del 2015. Attualmente sono 16 milioni e 150 mila le famiglie che pagano il canone Rai di 113,5 euro per un incasso (al netto della morosità dell'8%) di 1,679 miliardi di euro.


A rischio il calo Ires nel 2016. Statali, nuovi tagli ai dirigenti. La riduzione per le imprese condizionata a ulteriori margini dalla Ue per gli immigrati. Dalla revisione della spesa solo 6 miliardi Nuova stretta sul turn over dei dipendenti.

ROMA L’obiettivo a questo punto è arrivare a 7 miliardi, rispetto ai 10 messi in cantiere fino a qualche settimana fa. Ma non è detto che sia centrato: alla fine i tagli di spesa potrebbero fermarsi un po’ più sotto, intorno ai 6 miliardi. Maneggiare le forbici è naturalmente il compito più difficile quando si mette a punto una manovra finanziaria e ieri sera, alla vigilia del Consiglio dei ministri che dovrà approvare la legge di Stabilità, diverse cifre erano ancora in bilico. La necessità di far tornare i conti ha fatto così una prima vittima, il taglio delle dell’Ires per le imprese, che avrebbe dovuto essere anticipato al 2016. L’opzione non è ancora tramontata definitivamente ma sarà legata all’eventuale concessione da parte dell’Unione europea dell’ulteriore margine di flessibilità (3,3 miliardi) legato all’emergenza immigrazione. Se il via libera arriverà, il rapporto deficit/Pil potrebbe scivolare ancora fino al 2,4 per cento e la riduzione di 2-3 punti dell’aliquota pagata dalle società verrebbe magari inserita durante l’iter parlamentare. Ma nel testo del Consiglio dei ministri non entrerà e nel caso in cui la trattativa con Bruxelles dovesse arenarsi se ne riparlerà nel 2017. Il mondo produttivo però potrà sfruttare già dal prossimo anno il cosiddetto super-ammortamento per gli acquisti di macchinari: il beneficio in bilancio sarà pari al 140 per cento del valore dell’investimento, invece che al 100: è una misura che nelle intenzioni del governo dovrebbe spingere e consolidare la ripresa in atto.

I NODI DA SCIOGLIERE Sul versante dei risparmi, il carniere si presenta un po’ meno pieno di quanto l’esecutivo sperasse. Non è facile trovare riduzioni di spesa effettive e politicamente gestibili: queste difficoltà si riflettono anche sul tandem che si era insediato a palazzo Chigi in sostituzione di Carlo Cottarelli. Il timone è in mano al consigliere economico del premier Yoram Gutgeld, mentre il professor Roberto Perotti, che inizialmente lo affiancava, ha avuto un ruolo via via più defilato. Si parla di una sua possibile uscita, smentita però dall’interessato: «Non mi sono dimesso, sono ancora operativo».
Nel merito, circa due miliardi arriveranno dalla riduzione del Fondo sanitario nazionale. E una somma analoga potrebbe essere ricavata dal dossier più “avanzato”, quello sui risparmi sulla spesa per beni e servizi da realizzare attraverso la riduzione delle centrali di acquisto e l’applicazione dei costi standard. Proseguirà anche lo sfoltimento delle società partecipate. Il resto è atteso dai bilanci dei ministeri: ci sarà tra l’altro un taglio agli uffici di diretta collaborazione. Un nuovo sacrificio potrebbe anche essere chiesto al pubblico impiego, nel momento in cui riparte la trattativa per i rinnovi contrattuali. L’ipotesi è di un nuovo intervento sul turn over. Per il prossimo anno le assunzioni sono limitate al 60% della spesa per lo Stato e all’80% per gli enti locali. Queste soglie verrebbero abbassate fin sotto il 50%. Ma la stretta maggiore sarebbe per i dirigenti pubblici. Per loro il blocco del turn over sarebbe totale. Non solo. Potrebbero anche essere definitivamente cancellati tutti i posti dirigenziali attualmente vacanti, di fatto tagliando le piante organiche della Pubblica amministrazione. Tra le ipotesi ci sarebbe anche un azzeramento del fondo di produttività per i dirigenti. Anche sulle risorse per il contratto le notizie potrebbero non essere buone. La cifra a disposizione si starebbe riducendo di ora in ora, anche sotto i 300 milioni inizialmente ipotizzati.

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