«Una barbarie gli attacchi alla mia famiglia e a mio padre»
Dura la sua risposta ai grillini e ai «moralisti» del centrodestra.
Punto primo: «Le due ordinanze, la 413 e la 415, mi sono state sottoposte la mattina del 3 agosto e le ho firmate con la disposizione che non venissero pubblicate». Punto secondo: «Non mi dimetto perché le due ordinanze non hanno prodotto lesioni alla pubblica incolumità». Il sindaco Marco Alessandrini ha voluto e dovuto convocare un’altra conferenza stampa per chiarire - una volta per tutte spera lui, non così le opposizioni che hanno già annunciato altre iniziative di lotta - il pasticcio dell’ordinanza fantasma sul divieto di balneazione che dai primi di agosto fino a ieri mattina l’ha costretto sulla graticola, con tanto di avviso di garanzia per presunto falso e abuso per lui, per il vicesindaco e per un dirigente.
Alessandrini ha parlato per più di mezz’ora quasi barricato in un’affollatissima sala giunta circondato dalla sua maggioranza, assessori e consiglieri, compresi quelli che in questa vicenda avrebbero voluto da lui una condotta diversa ovvero più trasparente nei confronti dei cittadini e del consiglio comunale stesso. Un chiarimento doveroso, quello del primo cittadino, dopo la scoperta della retrodatazione degli atti dal 3 al primo agosto: così è stato perché al momento della firma delle ordinanze Alessandrini disponeva già dei risultati degli ultimi prelievi dell’Arta che dimostravano il cessato allarme inquinamento. «La verità è che la scorsa estate il mare di Pescara non è mai stato tanto pulito quanto il primo agosto» ha ribadito.
Nel chiarire la vicenda, Alessandrini, avvocato prima ancora che sindaco, ha dovuto evidentemente rivelare ieri dettagli coperti da segreto istruttorio essendoci sul caso un’inchiesta in corso. Motivo per il quale - ha ammesso - non aveva spiegato tutto per filo e per segno nel consiglio comunale straordinario chiesto dall’opposizione (sospeso una prima volta, saltato e rinviato una seconda e che si è svolto tra mille polemiche solo al terzo tentativo). Prima che in aula, infatti, Alessandrini aveva già risposto sul caso alle domande degli inquirenti: «Il 21 e 22 settembre mi sono presentato in Procura, prima che la bufera impazzasse - ha confermato il sindaco - e l’ho fatto senza aver ricevuto avvisi di garanzia. Una condotta ispirata al rispetto per le istituzioni e del principio di verità». E poi ancora: «Se mi chiedete se lo rifarei, se cioè dovessi emettere un provvedimento necessario per poi revocarlo, dico che no, non lo rifarei» ha dichiarato.
LO SCONTRO POLITICO
Visibilmente provato dalla tensione, il sindaco ha rivendicato l’efficacia dell’azione amministrativa ricordando l’elenco delle opere in corso sul fronte della qualità delle acque - Dk15, impianti anti allagamento, sfondamento diga foranea, protocollo d’intesa con Arta e Capitaneria per i controlli sugli scarichi abusivi nel fiume - e s’è infine voluto togliere sassolini dalle scarpe attaccando duramente l’opposizione di centrodestra e ancora di più i cinquestelle, presenti alla conferenza stampa. «Sono flaianeo - ha premesso parlando della piccolezza e della grandezza delle persone - e trovo inaccettabili le polemiche di consiglieri cinquestelle che investono una persona che non è più nella possibilità di difendersi, mi riferisco a mio padre, e la mia famiglia: la considero una barbarie. E inviterei chi ha portato il Comune in secche finanziarie pesantissime a fare autocritica prima di erigersi a moralisti un tanto al chilo». Un clima al quale ha detto di essere allenato: «Facevo l’arbitro, mi dicevano di tutto e sono sempre rimasto impassibile. Spero che questa vicenda sia ora chiarita» ha concluso.