Il Pm Anna Rita Mantini ha firmato l’avviso di conclusione delle indagini: il ruolo chiave del commercialista Di Prinzio.
Associazione per delinquere finalizzata ad una serie di bancarotte fraudolente, truffe ai danni dell’erario e dell’Inps, evasione fiscale, abusivo ricorso al credito. Sono alcuni dei reati che la procura di Pescara contesta ai 23 indagati coinvolti nell’inchiesta appena conclusa sul gruppo della famiglia di Carmine De Nicola, l’imprenditore con interessi nelle scuole private e nella sanità che partecipò anche alla scalata per l’acquisto del gruppo Villa Pini. Per il Pm Anna Rita Mantini, che ha coordinato le indagini della guardia di finanza, l’inchiesta è chiusa. Nei giorni scorsi l’avviso di conclusione è stato spedito ai 23 indagati fra cui figura anche l’ex presidente della Provincia Guerino Testa, in qualità di amministratore di alcune società del gruppo. Anche a lui si contestano l’associazione per delinquere, la bancarotta fraudolenta e alcune truffe. Ai vertici di questa presunta organizzazione c’è comunque la famiglia De Nicola con Carmine, considerato la mente di tutte le operazioni ritenute truffaldine, i due figli Pierpaolo e Antonella e la moglie Maria Grazia Orlando.
Con loro l’altro elemento di spicco dell’inchiesta, il commercialista e consulente finanziario Andrea Di Prinzio (titolare dello studio di via Venezia dove lavora anche Testa) e i due uomini di fiducia di Carmine De Nicola, Antonio Di Ianni e Antonello Ciuffetelli. Un gruppo che secondo la procura aveva messo su un vorticoso giro di società molte delle quali scatole vuote o semplici schermi. Un giro vorticoso di soldi, tanti milioni di euro, provenienti dalle bancarotte fraudolente studiate a tavolino da De Nicola (che non ha mai amministrato direttamente le sue società, affidandosi spesso a delle teste di legno, ma che comunque era il destinatario finale della maggior parte dei soldi che finivano sui suoi conti correnti personali) e Di Prinzio.
LA MENTE
Quest’ultimo viene definito «l’ideatore delle strategie di traslazione dei costi contributi e aziendali delle società del gruppo De Nicola, dominus delle dinamiche di interazione illecita delle persone giuridiche componenti il gruppo, nonché ideatore delle operazioni di cessazione d’azienda funzionali alla determinazione degli stati di insolvenza delle bad company, in accordo con De Nicola e gli altri formali amministratori delle società; pianificatore dei rapporti con le banche diretti ad acquisire i capitali finanziari e le liquidità necessarie alla vita del gruppo, anche mediante esibizione di documentazione contabile-societaria falsa ed artatamente predisposta per occultare le reali condizioni economiche e finanziarie del gruppo».
LE FIDUCIARIE
Guerino Testa era l’amministratore della Sta srl, della Apd Group, Medigest, Smc, Ucis, della San Leone Magno, «detentore del 95 per cento delle quote della Ucis allo stesso intestate fiduciariamente da Carmine De Nicola e successivamente reintestate alle fiduciarie Mia fiduciaria srl e Intesa San Paolo srl». Quale legale rappresentante della Ucis avrebbe acceso un finanziamento di 3 milioni e mezzo, di cui un milione e 600 mila euro «riversato nei conti personali di Carmine De Nicola». E insieme a De Nicola, Di Prinzio e Di Ianni, deve rispondere anche della bancarotta fraudolenta della Ucis srl, con un milione e 300 mila euro di passivo fallimentare. L’organizzazione, con a capo Carmine De Nicola, avrebbe costituito «fittizie società cooperative, destinate a rappresentare un apparente soggetto economico nei confronti dell’erario, dell’Inps, dei terzi e delle società commerciali di gestione della parità scolastica, cooperative che venivano dolosamente condotte a stato di insolvenza, mediante una gestione diretta a far gravare sulle stesse i costi, stornando le attività a favore delle altre sue società». Si parla di circa 6 milioni di euro di obblighi contribuiti ed erariali non versati nel periodo tra il 2009 e il 2014.