PESCARA L’export si muove impercettibilmente, roba da zero virgola; nel mezzogiorno, ormai a tutti gli effetti il nostro contesto, la fiducia delle imprese si mantiene bassa di nonostante i primi sintomi di ripresa; la quota di mercato del made in Abruzzo è stabile mentre l’Italia ha ripreso a crescere; il tasso di disoccupazione aumenta, però calano cassa integrazione e ammortizzatori. Nella somma di righe rosse e righe verdi, il report semestrale di Confindustria sulla salute del sistema produttivo regionale segna alla fine un pareggio, che dopo sette semestri tremendi è comunque un risultato. Anche se diminuisce la domanda di brevetti, chiaro sintomo di ritardo sulla strada dell’innovazione. La morale la tira Luciano Fratocchi, il docente dell’università dell’Aquila che firma la ricerca per Confindustria: «Aumenta il divide territoriale, con Pescara in maggiore affanno, e settoriale: solo nel polo farmaceutico aquilano aumentano gli investimenti. Ma sorprende anche divario tra aspettative e consuntivo reale, segno che va ancora saturata la capacità produttiva persa nel passato. L’occupazione migliora ma tassi ancora lontani da livelli pre crisi».
PRIORITA’
È la base per le richieste dei vertici confindustriali: «L’attrattività del territorio -attacca il presidente regionale Agostino Ballone- deve diventare la priorità. Il rischio deindustrializzazione è ancora reale, gli investimenti calano, pesa ancora il contraccolpo del terremoto. Un ambiente favorevole al business è condizione per attrarre investimenti, il contrario di quanto fatto però con Ombrina. Al contrario, proponiamo tre livelli di intervento: investimenti in infrastrutture; smart strategy per le imprese; riforme, semplificazione e fiscalità di vantaggio». Parla di un 2015 ancora critico il numero uno dei costruttori Enrico Ricci, «con un segnale positivo rappresentato dal più 8,2 per cento acquisiti frutto della ripresa dei mutui e della fiscalità più leggera. In Abruzzo Cassa edile segnale un meno 2,1 per cento di occupazione in primo trimestre in via di recupero. Di più si potrebbe fare sbloccando in Abruzzo 472 milioni per opere pubbliche immediatamente cantierabili».
Da Guido Serafini, capo territoriale del gruppo Bper, arriva la notizia agrodolce della frenata marchigiana: il sistema che negli anni ha rappresentato il principale benchmark per l’Abruzzo è sempre più ancorato alle performance calzaturiere, con un peso enorme delle sofferenze bancarie. Non è un contesto macroregionale incoraggiante, mentre l’economista Pino Mauro mette in guardia dalla perdita di terreno dell’Abruzzo tra le 244 regioni europee: «L’andamento del pil fortemente negativo influisce sulle previsioni, il mercato del lavoro segna un meno 7,9, l’export è in ripresa nel 2015 ma rispetto al periodo pre crisi il dato è meno 9,7 per cento. Pesano arretratezza della finanza pubblica, stagnazione nella concorrenza, fuga dei cervelli e scarsa performance dei distretti tradizionali. Assistiamo al declino forse definitivo del terziario».
Raccoglie la sfida l’assessore regionale alla programmazione: «La vera sfida -dice Silvio Paolucci è fare le riforme. L’Abruzzo si è messo in gioco con la grande scommessa della macroregione adriatico-jonica, interpretando in questo senso anche una generale esigenza del cittadino e delle imprese».