PARIGI C’era un passaporto vicino a uno dei kamikaze saltato in aria all’ingresso dello Stade de France. E’ il passaporto di un siriano di 25 anni sbarcato a ottobre nell’isola di Lesbo, in Grecia, insieme con decine di migranti e richiedenti asilo. Quasi un avvertimento all’Europa: noi possiamo entrare come vogliamo, quando vogliamo, con chi vogliamo e fare ciò che vogliamo sfruttando le vostre indecisioni, la vostra cultura della tolleranza. E inevitabilmente intorno a quel passaporto, ora, già si concentrano le polemiche e le strumentalizzazioni.
Il venerdì di sangue di Parigi ha numeri spaventosi. Li snocciola Francois Molins, il procuratore di Parigi, verso sera: «129 vittime, 99 feriti in condizioni gravissime, altri 254 fuori pericolo». Quattro terroristi sono morti facendosi saltare in aria con le cinture esplosive. Altri tre sono stati uccisi nel blitz notturno al Bataclan, la sala concerti dove la carneficina (89 morti) ha assunto dimensioni apocalittiche. «Sparavano, ricaricavano, e sparavano ancora, con freddezza e perizia» raccontano i sopravvissuti.
L’ELISEO
Il presidente Hollande ha nuovamente parlato ai francesi sabato mattina: «È un atto di guerra pianificato all’estero con complicità provenienti dall’interno». Dopo un consiglio dei ministri straordinario svoltosi in piena notte è stato dichiarato lo stato di massima allerta: «Non ci faremo sconfiggere, e saremo spietati». L’ex presidente Sarkozy ha parlato esplicitamente di conflitto armato. Marine Le Pen ha chiesto invece l’immediata espulsione di tutti i musulmani sospetti dal territorio francese. La parola guerra ritorna come una giaculatoria nelle dichiarazioni politiche.
A Parigi, del resto, si respira un clima bellico. I negozi perlopiù chiusi, poco traffico, poca gente per strada. Molti bar e ristoranti del centro sono rimasti con le saracinesche abbassate. Gli assembramenti sono vietati, fino a giovedì non saranno autorizzate manifestazioni, i controlli negli aeroporti costringono i viaggiatori a lunghe attese. Perfino la Tour Eiffel è stata chiusa ai visitatori. I sindaci da oggi hanno facoltà di ordinare il coprifuoco in ogni momento, alle forze di polizia sono stati concessi poteri speciali.
LA RIVENDICAZIONE
L’Isis attraverso i suoi siti ha rivendicato le stragi di venerdì notte: «Questo è solo l’inizio della tempesta». Lo Stato Islamico minaccia nuove stragi, nuovi morti. Promette agli «infedeli» mesi e anni di dolore, di violenza, di terrore. Non hanno colpito luoghi simbolici, hanno portato morte nella vita quotidiana, nei luoghi di svago, lo stadio, bistrot e ristoranti, fast food, una sala concerti. Nessuno, nel loro disegno, potrà d’ora in avanti sentirsi al riparo, il volto feroce del fondamentalismo può apparire in ogni istante, in qualsiasi posto.
Il numero dei morti sarebbe potuto essere ancora più spaventoso visto che qualcosa, nel piano del commando, non ha funzionato. Allo Stade de France, dove si giocava Francia-Germania, c’erano tre kamikaze imbottiti di un esplosivo giù utilizzato nelle stragi del 2005 a Londra. Dovevano farsi saltare in aria fra gli 80 mila spettatori, ma uno di loro è stato bloccato agli ingressi, è fuggito e ha azionato la cintura esplosiva senza fare vittime, tranne sé stesso. Gli altri due, ancora lontano dall’entrata, hanno deciso di «martirizzarsi» allo stesso modo, lontano dalla folla.
IL PASSAPORTO
Vicino al cadavere di uno di loro è stato trovato il famigerato passaporto di un siriano arrivato in Grecia con l’ondata di profughi, circostanza che sta già armando la propaganda di chi, non solo in Francia, da mesi cerca consensi proponendo di mettere fine alla politica di accoglienza nei confronti dei migranti. La polizia parigina sull’argomento non si sbilancia. Il procuratore di Parigi si limita a dire che il passaporto «appartiene a un cittadino siriano che non era conosciuto ai nostri apparati di sicurezza». Ma non dice chiaramente che apparteneva al kamikaze.
Per ora il solo attentatore identificato con certezza è un francese di 30 anni che abita in uno dei Comuni della banlieue parigina. Era sospettato da tempo di legami col mondo del fondamentalismo islamico, ma non era mai stato arrestato. La polizia belga, inoltre, in giornata ha fermato tre persone che «potrebbero avere a che fare con le stragi di Parigi». Sono tre cittadini europei affiliati ai gruppi che spalleggiano le formazioni ispirate dell’Isis, e non è stato escluso che in passato possano essere stati addestrati nei campi siriani.
LA XENOFOBIA
L’identikit di questi sospetti attentatori fa dire al presidente Hollande che le azioni di guerra dell’altra notte sono state «pianificate all’estero con complicità interne». Il fatto che i criminali «siano in mezzo a noi» - come ha detto il primo ministro Valls – fa salire la febbre della paura e dell’incertezza. E, inevitabilmente, attizza il fuoco di chi punta il dito contro quello che viene definito il «lassismo nei confronti degli immigrati e dell’Islam».
Anche questa recrudescenza della xenofobia è, in qualche modo, una vittoria dell’Isis.
GLI INCONTRI
Per domenica mattina il presidente francese ha messo in agenda incontri coi vertici di quasi tutti i partiti presenti all’Assemblea Nazionale, specie quelli dell’opposizione. L’obiettivo è quello di convincere anche i leader più critici con Hollande a fare quadrato, a evitare polemiche e strumentalizzazioni. Anche perché a fine mese proprio a Parigi è in programma la conferenza mondiale sul clima e, la prossima estate, la Francia ospiterà i Campionati Europei di calcio.
Eventi che, secondo i servizi segreti, sono già nell’agenda dei criminali dell’Isis.