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Pescara, 17/06/2025
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22/01/2016
Il Messaggero
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Statali, riforma al via stretta sui dirigenti: reato non licenziare il travet assenteista. Ok del governo ai decreti. Scure sulle partecipate: possibili 100 mila esuberi. Per la Madia ora «lo Stato è più semplice». Whistleblowing, tutela per legge ai dipendenti che denunciano la corruzione. |
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ROMA Il dirigente pubblico inerme nei confronti dei cosiddetti “furbetti del cartellino”, quei dipendenti che timbrano e se ne vanno, non rischierà solo di essere mandato via, ma commetterà un reato penale con il quale potrebbe rischiare sanzioni o addirittura il carcere. C'è anche questo nella risposta del governo ai “furbetti” della Pubblica amministrazione, contenuta nel decreto approvato dal Consiglio dei ministri mercoledì sera, inserito all’ultimo nella prima tranche di decreti attuativi della riforma Pa. Un pacchetto di undici provvedimenti, approvati dal governo e presentati ieri mattina in conferenza stampa a Palazzo Chigi dal premier Matteo Renzi e dalla ministra Marianna Madia. Renzi ha sintetizzato tutti i decreti in un solo spot: «Stop alla burocrazia» e «Italia più semplice». Nel pacchetto c’è anche l’atteso taglio delle partecipate. Oltre a spazzare via le cosiddette “scatole vuole” (quelle con più dipendenti che amministratori), il provvedimento porterà alla chiusura delle aziende pubbliche inefficienti o in rosso. Nei piani del governo, nel giro di pochi anni, potrebbero passare da 8 mila a mille. Ma contestualmente al dimagrimento della macchina pubblica si apre il problema del personale in esubero, che il governo conta di risolvere con un piano salva-dipendenti. In sostanza, entro sei mesi le società dovranno comunicare al nuovo organo di vigilanza, che sarà creato presso il Tesoro, il loro fabbisogno di personale e, dunque, anche quanti sono gli esuberi. Per questi scatterà una mobilità obbligatoria e potranno essere riassorbiti da altre società partecipate. Inoltre, per le stesse aziende scatterà il blocco totale delle assunzioni per tre anni, da qui al 2018. Secondo i sindacati, il piano esuberi potrebbe riguardare poco meno di 100mila lavoratori.
LE ALTRE NOVITÀ Tornando alle norme sui dipendenti infedeli, dopo i recenti casi di cronaca – prima dei dipendenti del Comune di Sanremo, poi del Museo di arti e tradizioni di Roma – è stato Renzi a dare mandato alla ministra Madia di anticipare una parte delle norme sul pubblico impiego attese per l'estate. «La norma è semplice – ha spiegato Renzi – se ti becco a timbrare e andare a casa ti licenzio in 48 ore. È il dirigente che deve scegliere. La differenza con il passato è che le norme che ci sono non sono efficaci come queste». La stretta riguarderà non solo i dipendenti, ma anche i dirigenti che non controllano: con il decreto, ha detto Renzi, «diciamo al dirigente: “se non licenzi chi timbra e se ne va, licenziamo anche te”». Ma oltre al licenziamento, se il dirigente non denuncerà l'illecito e non attiverà l'azione disciplinare gli sarà riconosciuta l'omissione di atti di ufficio. Un reato penale punito con la reclusione fino a un anno o con sanzioni superiori a mille euro. Certo è che il carcere non scatterà in automatico, sarà infatti il giudice a dover accertare la gravità dei fatti e delle omissioni. E su questo punto la ministra Madia ha tenuto a precisare che il governo non si “sostituisce” alla magistratura: «Intanto è previsto il licenziamento – ha detto – poi c’è la giustizia e i magistrati». Sempre durante la conferenza stampa di ieri sono stati presentati altri decreti Pa. Tra i primi undici che hanno ricevuto il via libera (e che ora dovranno passare in Parlamento) c'è la riforma del Codice dell'amministrazione digitale. Renzi ha riassunto la riforma con due concetti: pin unico e domicilio digitale. Il primo, che permetterà di accedere a tutti i siti degli enti pubblici con un unica password, entrerà a regime alla fine del 2017. Il secondo permetterà ai cittadini di ricevere le comunicazioni in formato elettronico, sulla propria e-mail Pec, superando così l’obbligo di utilizzare la carta.
Ok al whistleblowing, tutela per legge ai dipendenti che denunciano la corruzione.
ROMA Con un'asse tra maggioranza e M5s, la Camera ha approvato la legge che difende chi denuncia la corruzione dall'interno negli uffici pubblici, con il testo che ora approderà in Senato per il via libero definitivo. La proposta di legge sul whistleblowing, che prevede una serie di protezioni per chi porta alla luce l'atto corruttivo, presentata dal M5s la cui prima firmataria è la deputata Francesca Businarolo, modificata da cinque emendamenti di Pd, M5s, Area popolare, Scelta civica e LegaNord, è passata con 281 voti a favore, 71 contrari e 18 astenuti. LA PATERNITA’ Un risultato che è stato subito festeggiato da Beppe Grillo che sul blog ha rivendicato la paternità della norma scrivendo che è stata «approvata nostra legge, proteggiamo chi denuncia», seppure il testo originario prevedeva dei premi per che denunciava, poi eliminati. Sulla stessa linea i democratici con Walter Verini che considera il provvedimento «un contributo per combattere la corruzione, che non è solo una piaga etica e morale, ma è anche una causa di alcune difficoltà della nostra situazione economica». Durissima invece la posizione di Forza Italia con Francesco Paolo Sisto che lo ha giudicato «un provvedimento ignobile, una barbarie giuridica che introduce negli ambienti di lavoro un clima invivibile di accusa segreta e di delazione», aggiungendo poi che si tratta di una legge che rappresenta una «incitazione alla delazione». Anche Fratelli d'Italia è stata dura con Edmondo Cirielli che ha parlato di norma che «avvicina agli schemi della Germania nazista e della Russia comunista». Gli ha risposto, a nome del governo, il sottosegretario Cosimo Ferri che puntualizza che nella norma non c'è «spazio per i delatori ma solo per chi ha a cuore il buon andamento della pubblica amministrazione e la legalità». Ma cosa prevede questo testo che per la prima firmataria Businarolo è solo una «normativa che opera già in altri Paesi ed offre una tutela necessaria a chi segnala illeciti». I PALETTI La norma sul whistleblowing, letteralmente dell'informatore, amplia l'attuale normativa in materia di anticorruzione prevista dalla legge Severino, includendo tra gli impiegati pubblici tutelati anche quelli di enti pubblici economici e di enti di diritto privato sotto controllo pubblico oltre ad allargare la tutela al settore privato. Il testo approvato ieri dalla Camera prevede che il dipendete che «nell'interesse dell'integrità della Pubblica amministrazione, denuncia all'Anac o alla magistratura ordinaria o contabile condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in base al proprio rapporto di lavoro non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminazione riconducibile alla sua segnalazione». E condanna eventuali ritorsioni ai danni del denunciante, con multe con multe da 5 a 30 mila euro che saranno decise dall'autorità nazionale anticorruzione attualmente guidata da Raffaele Cantone. Le denunce non potranno essere anonime ma l'identità dell'informatore non potrà essere rivelata e sarà protetta anche con strumenti di crittografia. Per evitare che questa norma possa trasformarsi in un'arma per vendette tra colleghi è previsto che la segnalazione deve essere fatta in «buona fede», che il dipendente deve avere una «ragionevole convinzione fondata su elementi di fatto, che la condotta illecita segnalata si sia verificata». In caso risulterà infondata o in mancanza di buona fede, chi l'ha fatta subirà un procedimento disciplinare che prevede anche il licenziamento in tronco.
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