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Pescara, 29/03/2024
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Data: 15/02/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Sanità e Pa il piano dei tagli per correggere i conti pubblici. Nel mirino i ticket sanitari, la riduzione dei centri di spesa, le municipalizzate e anche la rinegoziazione delle forniture.

ROMA «Piccoli aggiustamenti». La possibile correzione dei conti pubblici galleggia nelle parole che rimbalzano dalle stanze del ministero dell’Economia. Dal quale si avverte che «è prematuro parlare di una nuova manovra economica», rimandando di fatto il tema alla prossima primavera. Stagione nella quale, si spera, il quadro congiunturale domestico e mondiale sarà più chiaro. Peraltro quelle frasi sussurrate con molta prudenza non sono che una conferma di quello che il ministro Padoan ha detto la scorsa settimana quando l’Istat ha corretto al ribasso il dato sull’incremento del Pil nel 2015. «Verificheremo alla luce dei nuovi dati la situazione - aveva chiarito il titolare di Via XX Settembre - e se c’è uno scostamento rispetto al Def troveremo un aggiustamento». Magari un’operazione utile anche per ammorbidire Bruxelles dalla quale si attende il via libera sulla flessibilità invocata con forza da Palazzo Chigi. E’ bene chiarire che al momento un dossier denominato «Manovra correttiva» non esiste al ministero dell’Economia. Ma, nel caso, si escludono seccamente nuove tasse. Tanto più che il premier Renzi vuole realizzare un programma di tagli tributari che vale 34 miliardi di euro.
LE LINEE D’AZIONE

Insomma, se fosse necessario, come pare, trovare 2-4 miliardi si interverrebbe solo sulla spesa pubblica. Una ”mostro“ da 800 miliardi appena scheggiato dalla legge di Stabilità che ha ridotto le uscite per 5,8 miliardi a fronte dei quasi 10 miliardi che erano entrati nel mirino del governo. Ecco, l’occasione della manovrina bis sarebbe ghiotta per riaprire il cantiere della Spending review che, al momento, ha prodotto risultati deludenti rispetto alle aspettative.
In prima battuta, il bisturi si dirigerebbe sulla sanità. Con l’obiettivo di intensificare l’opera di razionalizzazione e riduzione degli sprechi. La manovra 2016 ha contenuto la spesa di 2,3 miliardi aumentando di un miliardo la dotazione in favore delle Regioni. Ebbene nel governo sono convinti che sia possibile predisporre una cura dimagrante ben più robusta attaccando con maggiore vigore i centri di spesa. Ad esempio con una ulteriore rinegoziazione dei contratti di fornitura, con risparmi fino al 4-5% e con l’applicazione del cosiddetto meccanismo del pay-back, che impone alle imprese fornitrici di contribuire al ripiano della spesa in eccesso rispetto a quanto programmato. Un ruolo di primo piano sarebbe affidato alla definizione di prezzi di riferimento per i farmaci, con tetti che possano valere come benchmark per tutti gli enti locali, mentre potrebbero entrare nel mirino altri ticket. Nella legge di Stabilità, infatti, c’è già un contenimento di 203 prestazioni inappropriate, sia specialistiche che di laboratorio ed altre potrebbero finire nella lista. Alcune fonti sostengono che nel calderone dei tagli finirebbero per certo le tax expenditures, ovvero deduzioni e detrazioni sottratti al reddito complessivo dall’imposta da pagare di certe spese sostenute dal contribuente o da suoi familiari. Inoltre c’è chi suggerisce di imprimere un ulteriore giro di vite sulle aziende partecipate per le quali, salvate quelle quotate in Borsa, il governo ha previsto una riduzione da 8 mila a mille. Su questo versante appare possibile una nuova sforbiciata. Magari con la regia della Consip alla quale il governo ha affidato rinnovati poteri in fatto di controllo della spesa: l’obiettivo dichiarato è quello di far aumentare la spesa presidiata dalla Centrale acquisti della Pa dai 38 miliardi del 2014 a 87.

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