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Pescara, 04/07/2025
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Data: 14/04/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Via al part-time agevolato prima del pensionamento. Il provvedimento per i dipendenti privati ai quali mancano tre anni per l’uscita. Stipendio tagliato del 35%. Per la Uil le donne rischiano di restare escluse

ROMA Al lavoro part-time per alcuni mesi con lo stipendio ridotto del 35% ma con la certezza, dopo pochi anni, di incassare l’assegno previdenziale pieno. È questa la prospettiva che si apre per centinaia di migliaia di lavoratori ai quali mancano meno di tre anni alla pensione. Il governo ha firmato il decreto che attua la norma introdotta nella legge di Stabilità del 2016 che riguarda i lavoratori del settore privato, assunti a tempo indeterminato, che abbiano versato 20 anni di contributi (requisito minimo per la pensione di vecchiaia) e che entro il 31 dicembre 2018 abbiano compiuto 63 anni e 7 mesi. Per questa vasta platea di italiani si prospetta l’opportunità, dopo essersi accordati con l’azienda, di trascorrere il periodo residuo che manca alla pensione lavorando con orario ridotto (con un sacrificio salariale) senza perdere un centesimo in termini di trattamento futuro. Il meccanismo funziona così: il futuro pensionato potrà concordare con il datore di lavoro il passaggio al part-time, con una riduzione dell’orario tra il 40 ed il 60%, ricevendo ogni mese in busta paga, in aggiunta alla retribuzione per il part-time, una somma esentasse corrispondente ai contributi previdenziali a carico del datore di lavoro sulla retribuzione per l’orario non lavorato. Inoltre, per il periodo di riduzione della prestazione lavorativa, lo Stato riconoscerà al lavoratore la contribuzione figurativa corrispondente alla prestazione non effettuata, in modo da salvaguardare l’intero importo della pensione quando scatterà l’età per ritirarsi definitivamente dal lavoro. In poche parole l’azienda verserà in busta paga i contributi di sua competenza che avrebbe invece dovuto versare all’Inps sulla parte di orario che viene ridotta (circa la metà del 24%). Questa somma si aggiungerà esentasse allo stipendio ricalcolato sulla base dell’orario ridotto. Per esempio, un lavoratore che prende 1.500 euro netti al mese e passa ad un part-time al 50% non prenderà 750 euro bensì circa 975 euro al mese. Questo perché l’azienda verserà in busta paga i contributi di sua competenza che avrebbe invece dovuto versare all’Inps sulla parte di orario che viene ridotta. Questa somma si aggiungerà esentasse allo stipendio ricalcolato sulla base dell’orario ridotto. Per accedere al part-time agevolato, che il governo ha ribattezzato “invecchiamento attivo”, il lavoratore interessato deve richiedere all’Inps (o attraverso i patronati, o via web se si ha il Pin oppure ancora agli sportelli dell’Istituto) la certificazione che attesta il possesso del requisito contributivo e la maturazione di quello anagrafico entro il 31 dicembre 2018. Una volta ottenuta la certificazione da parte dell’Inps, il lavoratore e l’azienda stipulano un “contratto di lavoro a tempo parziale agevolato” nel quale viene indicata la misura della riduzione di orario. La durata del contratto deve esser pari al periodo che manca al lavoratore per arrivare alla pensione di vecchiaia. Una volta siglato il contratto, nel giro di 5 giorni devono arrivare prima il nulla osta della Direzione territoriale del lavoro e quindi, in altri cinque giorni, l’autorizzazione finale da parte dell’Inps. Le risorse stanziate dal governo per coprire la contribuzione figurativa sono 60 milioni per il 2016, 120 milioni per il 2017 e di nuovo 60 milioni per il 2018. La riforma è stata accolta con interesse dai sindacati. Anche se la Uil ha fatto notare che il part-time potrebbe tagliare fuori la gran parte delle donne per effetto del diverso requisito anagrafico previsto in questi anni e dell’equiparazione nel 2018 dell’età tra maschi e femmine. Le donne nate nel 1951, che raggiungerebbero i 66 anni e 7 mesi entro il 2018, sono già uscite con la finestra mobile nel 2012. Quelle nate nel 1952 escono quest’anno con 64 anni mentre quelle del 1953 raggiungeranno i requisiti fuori tempo massimo, per l’esattezza nel luglio 2019 e questa circostanza di fatto le esclude dalla possibilità di optare per il part-time. «È evidente - ha così denunciato il sindacato - che la norma è utilizzabile solo da lavoratrici che entro 14 mesi potranno accedere alla pensione discriminando di fatto moltissime donne e limitando notevolmente i benefici dell’intervento».

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