ROMA Si aprono ufficialmente i cantieri per la privatizzazione di Ferrovie dello Stato. Con tanto di via libera allo schema dell’operazione. Il Consiglio dei ministri ha infatti approvato il dpcm (già varato in via preliminare a novembre) con i criteri e le modalità per aprire il capitale della società controllata dal Tesoro. Un provvedimento che avvia la procedura per portare in Borsa l'ex monopolista per il quale si sta intanto valutando anche l’ integrazione con Anas.
Le ultime riserve sulla dell’operazione dovrebbero essere sciolte entro l’estate. E se sarà questa la strada scelta, la fusione potrebbe vedere la luce entro l’anno.
Il provvedimento varato lunedì sera da Palazzo Chigi, che recepisce i pareri delle Commissioni parlamentari, non cambia nella sostanza quanto già stabilito dal dpcm del 26 novembre scorso: in sintesi, quotazione in Borsa del 40% della società, a patto che l’infrastruttura di rete, cioè i binari, rimanga pubblica.
GLI ALTRI DOSSIER
In questi sei mesi però lo scenario è cambiato: ora il Tesoro ha avviato la fase esplorativa per valutare l’integrazione con Anas, che porterebbe alla nascita di un gruppo infrastrutturale da 10 miliardi di fatturato. Ma non è ancora chiaro se questa trasformazione di Fs possa portare ad uno slittamento dei tempi di privatizzazione (al momento si parla del 2017).
In realtà, la privatizzazione di Fs ha già subito uno slittamento (fino al novembre scorso veniva indicata per la seconda metà del 2016). Serve prima «un quadro regolatorio più chiaro» e soprattutto «stabile», ha detto l’ad Renato Mazzoncini, che ha ben presente i passi ancora da fare per rendere profittevole il trasporto locale e quello merci, ancora sofferenti.
E questo ha creato non pochi problemi alla tabella di marcia del piano privatizzazioni del governo, che punta a ridurre il debito: l'obiettivo del Def è lo 0,5% del Pil l’anno nel triennio 2016-2018, ovvero circa 8 miliardi l’anno. Per compensare il mancato incasso di Fs nel 2016 il governo sta valutando l’opzione di una seconda tranche di Poste dopo l’Ipo di ottobre che ha messo sul mercato il 35%. Una settimana fa il ministro dell’Economia Padoan ha confermato che si sta «guardando alla possibilità di cedere una quota maggiore» di Poste. Se il Tesoro cedesse circa il 30%, scendendo dal 65% al 35%, come già sperimentato con Eni ed Enel, l’incasso, stando al valore di Borsa del titolo, potrebbe aggirarsi sui 3 miliardi. Resta intanto confermata per quest’anno la quotazione di Enav, da cui è atteso un incasso per il Tesoro compreso tra 700 milioni e un miliardo.